venerdì 17 marzo 2017

I "Corda pia" nella Basilica di S. Francesco in Assisi e nelle altre chiese dei Frati Minori Conventuali

Dono Doni, San Francesco porta la croce dietro a Cristo, 1564
Assisi, Basilica e Sacro Convento di S. Francesco,
terrazza absidale del piano superiore del Chiostro di Sisto IV
sopra la porta di accesso alla chiesa inferiore a nord-est

Tra i "pii esercizi" un tempo cari ai Frati Minori Conventuali, un posto tutto particolare occupa quello conosciuto come Corda pia ("i cuori pii", dalla parole iniziali dell'antico inno latino con cui si apre): una celebrazione incentrata sull'adorazione del mistero della Croce ripresentato nel singolare "prodigio" dell'impressione delle stigmate nel corpo del padre san Francesco.
Si tratta di una pratica che sembra aver avuto origine presso la basilica che in Assisi custodisce il corpo del Santo. Ne troviamo per la prima volta traccia in una fonte seicentesca in cui, in riferimento alla Cappella di San Giovanni Battista, nel transetto meridionale della chiesa inferiore, così si legge: «In questa Cappella, ogni venerdì dopo Compieta, processionalmente dal choro si va da tutti i frati a cantar le "Letanie di Giesù" anzi al Crocefisso schiodato e con quattro lumi ordinati, composte dal Rev.mo P.re M.ro Filippo Gesualdo, Ministro Generale dell'Ordine Menore Conventuale, l'anno del Signore 1600» (Assisi, Biblioteca Comunale Fondo Moderno, Ms 148/a, c. 14r, citato in: Luigi Marioli, Il crocefisso ligneo della Cappella di S. Caterina, in "San Francesco patrono d'Italia" 1997/4, p. 56). Tale crocifisso, di autore tedesco degli inizi del sec. XVI, scolpito e dipinto, con le braccia basculati connesse al rito della scavigliazione, fu poi trasferito nella Cappella di Santa Caterina, che nel 1626 viene indicata appunto come Cappella del Crocifisso.


Scultore tedesco, Crocifisso, inizi sec. XVI
Assisi, Basilica di S. Francesco, chiesa inferiore, cappella di S. Caterina d'Alessandria

Una prima struttura di questa devozione la troviamo negli Esercitii spirituali che sogliono farsi dalli padri minori conventuali nella chiesa d'Assisi ove riposa il corpo del Padre Serafico san Francesco fondatore dell'istesso ordine in alcuni giorni di settimana istituiti da monsig. Gesualdo Vescovo di Chariati in tempo che era generale di detto ordine (In Perugia, nella stampa de Petrucci, 1607). Alle pp. 19-22 è descritto l'esercitio del venerdi: inno processionale Corda pia inflammantur, il Capitolo preso da Fil 2, 8-11, la ripetizione della strofa Crucifixi ergo Christii del predetto inno alternata a tre strofe dello Stabat Mater (Quis est homo qui non fleret...; Pro peccatis suæ gentis...; Vidit suum dulcem natum...)il Pater noster seguito da una serie di versetti e cinque orazioni (Domine Iesu Christe, Filii De vivi, qui ora sexta...Interveniat pro nobis quæsumus Domine Iesu Christe...Omnipotens sempiterne Deus qui frigescente mundo...Omnipotens sempiterne Deus, qui facis mirabilia magna...Deus qui neminem in te sperantem nimium affligi permittis...), il canto dell'Adoramus te Christe e l'orazione conclusiva Respice quesumus Domine super hanc familiam tua... Il rito si concludeva col suono dell'Ave Maria, l'aspersione con l'acqua lustrale e la benedizione Iesu Christus crucifixus vos benedicere et adiuvare dignetur.





Le Costituzioni dell'Ordine approvate da papa Urbano VIII (da qui l'aggettivo "urbane" che le contraddistingue) nel 1628 - e rimaste fondamentalmente invariate fino alla nuova redazione del 1932 - in riferimento al capitolo III della Regola, al titolo XI stabiliscono alcune processioni quæ ad Divinum implorandum præsidium, tra cui quella da farsi il venerdì dopo Compieta all'altare del Crocifisso (Constitutiones Urbanae Fratrum Ordinis Minorum Conventualium [...], Bononiæ, ex Typographia Lælii a Vulpe, 1722, p. 112). Questa prescrizione dovette favorire il diffondersi della pia pratica della Basilica assisana alle altre chiese dell'Ordine.

Ce lo testimoniano gli Essercitii spirituali che si fanno nelle chiese di tutto l'Ordine de Padri Min. Conventuali di S. Francesco [...]. Raccolti e posti alla stampa dal R. P. Giulio Cesare Maggio, maestro di Cappella e organista nell'insigne chiesa d S. Francesco in Milano [...] del 1667 (Milano, nella Stampa di Lodovico Monza). Sotto il titolo "Esercizio primo per il venerdì" troviamo gli elementi tipici della nostra pratica pur con la proposta di alcuni testi alternativi come anche alcuni elementi rituali nuovi: l'inno processionale Corda pia è indicato come alternativa al Vexilla Regis prodeunt e "in luogo" del Crucifixi Iesu Christi alternato alle tre strofe dello Stabat Mater, viene presentato il canto del trisaghion (Sanctus Deus, sanctus fortis, sanctus et immortalis miserere nobis) e del Iesu Chroste crucifixe miserere nobis, con questa indicazione: «Si ripeterà il Sanctus Deus etc da due Cantori cinque volte, et cinque altre volte dal Choro, Iesu Christe etc facendosi però pausa con dire un Pater noster, et un'Ave Maria, salutando per ciascheduna volta una delle cinque piaghe di Nostro Signore». Nello stesso testo al posto dell'Adoramus te Christe, prima dell'orazione conclusiva Respice quesumus domine super hanc familiam tua..., viene indicato il canto dei versetti Christus con l'acclamazione Vivat Christus, vivat Iesu
Lo stesso schema troviamo in una edizione degli Esercizii spirituali che si fanno pubblicamente nelle chiese e privatamente da tutto l'Ordine de Min. Convent. di S. Francesco pubblicata in Milano, Stampe degl'Agnelli, nel 1709. 











In un testo di poco più di centosettant'anni dopo, gli Esercizi spirituali che si praticano nelle chiese dei padri minori conventuali di s. Francesco della Provincia di Toscana [...] stampati in Firenze, presso la Tipografia Brazzini, nel 1838, la nostra pratica viene indicata come "esercizio secondo, per i venerdì di Quaresima". Nella sequenza rituale, dopo l'inno Corda pia e il testo di Fil 2, 8-11, compaiono le "preci a Gesù Crocifisso" con le sei invocazioni Jesu Christe Crucifixe.
Per i versetti Christus con l'acclamazione Vivat Christus, vivat Iesu, prima della preghiera conclusiva Respice quesumus Domine super hanc familiam tua..., viene qui indicato che "dove non si potranno cantare" tutti i religiosi, profondamente inchinati, diranno Adoramus te Christe...









Nello stesso modo il rito è stabilito nel Rituale romano-seraphicum Ordinis Fratrum Minorum Conventualium del 1942 (pp. 77-81) sotto il titolo De processione ad recolenda stigmata Seraphici Patris S. Francisci con la seguente rubrica: «In Feriis sextis Adventus et Quadragesimæ, post Completorium, in ecclesiis  Ordinis nostri fit Processio, quæ Passionem D.N.J.C. et Stigmata S. P. Francisci commemorat».







La storia recente di questo pio esercizio così come celebrato presso la Basilica di S. Francesco in Assisi ha visto alcune modifiche della struttura rituale che comunque ha sempre mantenuto gli elementi dell'inno Corda pia inflammantur, del Capitolo di Fil 2, 8-11, dei versetti Christus con l'acclamazione Vivat Christus, vivat Jesus e di quelli di adorazione della croce Jesù Christe Crucifixe introducendo, sotto il titolo "La Passione di Cristo con Maria SS.ma", il canto di alcune strofe dello Stabat Mater con l'antifona Dolorosa et lacrimabilis es (cf. Corda pia, Assisi, Casa Editrice Francescana, 1980, 20 pp.; Corda pia, Assisi, Basilica di S. Francesco, 1992, 26 pp.).

Nel febbraio 1995 l'Ufficio liturgico della medesima Basilica presentò una revisione pubblicata, presumibilmente nel 2010, dalla Casa Editrice Francescana (Transito del serafico padre san Francesco: memoria della morte di san Francesco che si celebra ogni venerdì, dopo i Vespri. Vespri e "Corda pia" (i cuori devoti): memoria della passione di Cristo e delle stimmate di san Francesco nei venerdì di Quaresima).
In questo schema i versetti Christus con l'acclamazione Vivat Christus, vivat Jesus sono proposti come responsorio dei Vespri di cui il pio esercizio è una sorta di appendice. Esso è introdotto dalla lettura del racconto della stigmatizzazione di san Francesco tratto da una delle a antiche biografie (Tommaso da Celano, Vita del beato Francesco [Vita prima] 94-95: FF 484-484; Idem, Trattato dei miracoli di san Francesco 4: FF829; San Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda maggiore XIII, 1.3.5: FF 1223.1225-1226.1228) e si apre con il tradizionale inno Corda pia inflammantur a cui, ai piedi del Crocifisso della Cappella di Santa Caterina, viene letto in forma di ammonizione il brano di Fil 2, 8-11 seguito dall'adorazione della Croce con le invocazioni Jesu Christe crucifixe. 
In occasione di quella revisione fu composto il seguente "rendimento di grazie", ispirato per la parte prima e seconda al capitolo XXIII della Regola "non bollata" (vv. 1-4: FF 63-64), per la parte terza e quinta alla Preghiera di benedizione di una nuova croce del Benedizionale del 1992 curato della Conferenza Episcopale Italiana (n. 1349) e per la parte quarta alla Solenne benedizione e consacrazione dei neoprofessi del Rituale romano-serafico della Professione religiosa a cura delle Famiglie Francescane (n. 69), alla Preghiera a san Francesco di Giovanni Paolo II pellegrino alla Verna del 17 settembre 1993 e alla Colletta della Festa di san Francesco d'Assisi del Messale romano:

Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, 
Padre santo e giusto, Signore Re del cielo e della terra, 
per te stesso ti rendiamo grazie, 
perché per la tua santa volontà 
e per l’unico tuo Figlio con lo Spirito Santo 
hai creato tutte le cose spirituali e corporali,
e noi fatti a tua immagine e somiglianza hai posto in Paradiso.
E noi per colpa nostra siamo caduti.

E ti rendiamo grazie, 
perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, 
cosi per il santo tuo amore, col quale ci hai amato, 
hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo 
dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria, 
e, per la croce, il sangue e la morte di Lui 
ci hai voluti redimere dalla schiavitù.

E ti rendiamo grazie,
perché Egli, sacerdote, maestro e re, 
salì volontariamente su quel legno 
e ne fece l'altare del sacrificio, 
la cattedra di verità, 
il trono della sua gloria. 
Innalzato da terra trionfò sull'antico avversario 
e avvolto nella porpora del suo sangue 
con amore misericordioso attirò tutti a sé; 
aperte le braccia sulla croce offrì a te, o Padre, 
il sacrificio della vita 
e infuse la sua forza redentrice 
nei sacramenti della nuova alleanza.

E ti rendiamo grazie
perché con la voce misteriosa del tuo Spirito
hai attratto il tuo servo Francesco
nella via della penitenza evangelica,
affinché, obbediente al comando del Cristo,
andasse con i suoi frati a riparare la tua casa,
e la rinnovasse con la santità di una vita povera ed umile.
Stigmatizzato sul monte della Verna,
ne hai fatto un'icona del tuo Figlio crocifisso,
offrendolo alla chiesa come modello
di universale carità e perfetta letizia,
messaggero di riconciliazione di e di pace.

Ora ti preghiamo, Dio onnipotente, 
fa' che i tuoi figli adorando la Croce del Redentore, 
attingano i frutti della salvezza 
che egli ha meritato con la sua passione;
su questo legno glorioso 
inchiodino i propri peccati, 
infrangano la loro superbia, 
guariscano l'infermità della condizione umana; 
traggano conforto nella prova, 
sicurezza nel pericolo, 
e forti della sua protezione 
percorrano incolumi le strade del mondo, 
fino a quando tu, o Padre, 
li accoglierai nella tua casa.

Introdotta dall'antifona Dolorosa, et lacrymabilis es, Virgo Maria, stans iuxa Crucem Domini Jesu, Filii tui, Redemptoris vengono quindi cantate alcune strofe dello Stabat Mater. La celebrazione si conclude quindi con l'orazione O Dio, che hai rivelato il mistero della tua sapienza nella follia della croce... e la benedizione con la formula Scenda, o Padre, la tua benedizione... dell'azione liturgica del Venerdì Santo in cui è stato inserito un riferimento alle stigmate di san Francesco.

* * *

Ecco il testo degli elementi più caratteristici di questa pia pratica con una proposta di ascolto di esecuzioni trovate nella Rete:

Inno processionale:


Corda pia inflammantur, / dum Francisci celebrantur / stigmatum insignia.
Absit nobis gloriari, / nisi in cruce salutari, / Francisci vestigio. 
Nam in monte vir devotus, / vigil, nudus, ardens totus / crebra dat suspiria.
Solus ergo clausus orans, / super gestis crucis plorans, / mœrore conficitur. 
Ad quem venit Rex è cælo, / affixusque crucis telo / aspectu pacifico. 
Cernit serves Redemptorem, / sæculorum imperatorem, / passum impassibilem. 
Cor Francisci transformatur, / corpus vero mox ornatur / mirandis stigmatibus. 
Crucifixi ergo Christi, / mors et vita fuit isti / jugis meditatio.
Cuius cordis vim fervoris / ostendit per membra foris / stigmatum impressio. 
Crucifixe singulari, / modo cruci conformari / mente sic et habitu.
Fac ut nos in regno lucis, / perfruamur fructu Crucis, / quo lætemur celitus.
Collaudetur Crucifixus, / Franciscus prorsus innixus / super mundi fœdera. 

[S'infiammano i cuori devoti mentre di Francesco si celebrano i gloriosi segni della passione. / Non ci accada di gloriarci se non della croce salvifica, sull'esempio di Francesco. / Infatti sul monte l'uomo pio, vigile, nudo e pieno di zelo, si abbandona a gemiti inesprimibili. / Racchiuso in silenziosa preghiera, mentre contemplava il mistero della croce, viene trafitto dalla tristezza. / E verso di lui viene il Re del cielo, affisso sull'albero della croce, sereno nel volto. / Il servo vede il Redentore soffrire, il principe dei secoli, che non conosce sofferenza. / Si trasforma il cuore di Francesco e d'un tratto il corpo è ornato dei mirabili segni. / Dunque di Cristo crocifisso la morte e la vita fu per Francesco assidua meditazione. / L'intimo ed intenso fervore traspare attraverso le membra nel segno delle stimmate. / O Crocifisso, in modo speciale fa che si conformi il cuore e la vita. / Fa' che noi nel regno della luce godiamo del frutto della croce, e gioiamo per esso nel cielo. / Sia lodato il Crocifisso, Francesco unito completamente, svincolato dai legami del mondo]


Invocazioni:



Jesu Christe Crucifixe, per sacrum vulnus sinistri pedis tui, miserere nobis.
Jesu Christe Crucifixe, miserere nobis.
Jesu Christe Crucifixe, per sacrum vulnus dexteri pedis tui, miserere nobis.
Jesu Christe Crucifixe, miserere nobis.
Jesu Christe Crucifixe, per sacrum vulnus sinistrae manus tuae, miserere nobis.
Jesu Christe Crucifixe, miserere nobis.
Jesu Christe Crucifixe, per sacrum vulnus dexterae manus tuae, miserere nobis.
Jesu Christe Crucifixe, miserere nobis.
Jesu Christe Crucifixe, per sacrum vulnus dulcissimi lateris tui, miserere nobis.
Jesu Christe Crucifixe, miserere nobis.
Jesu Christe Crucifixe, per quinque vulnera Beati Patris nostri Francisci, miserere nobis.
Jesu Christe Crucifixe, miserere nobis.



Versetti:


Christus amor meus crucifixus est, crucifixus est. 
Vivat Christus, vivat Jesus, vivat Jesus amor meus, vivat Jesus amor meus.
Christus sponsus meus crucifixus est, crucifixus est.
Vivat Christus, vivat Jesus, vivat Jesus sponsus meus, vivat Jesus sponsus meus.
Christus nazarenus crucifixus est, crocifixus est.
Vivat Christus, vivat Jesus, vivat Jesus nazarenus, vivat Jesus  nararenus.
Christus dilectus meus crucifixus est, crucifixus est.
Vivat Christus, vivat Jesus, vivat Jesus dilectus meus, vivat Jesus dilectus meus.
Christus salvator meus crocifixus est, crucifixus est.
Vivat Christus, vivat Jesus, vivat Jesus salvator meus, vivat Jesus salvator meus.



Da segnalare che l'Editrice Francesca Musicale Assisi ha pubblicato nel 1961 una raccolta di Canti per la funzione francescana "Corda pia" composti da maestri Frati Minori Conventuali trascritti e rivisti da fr. Francesco Del Ferraro. Si segnalano qui in particolare il Christus. Versetti di invocazione al Crocifisso a 3 v. d. musicati da fr. Antonio Amone (?-1848) e il Jesu Christe crucifixe. Versetti per l'adorazione della Croce a 4 v. d. di fr. Luigi Antonio Sabbatini (1739-1809). 


A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

mercoledì 1 marzo 2017

«Che cosa "tagliare", perché l’organismo della nostra vita di comunità, della nostra Chiesa particolare, della nostra testimonianza, rifulgano pienamente di luce e vigore evangelici?». La domanda della Chiesa di Assisi ai frati del Sacro Convento riuniti nel Capitolo Custodiale Ordinario 2017




Dal 20 al 24 febbraio 2017 si è svolta, presso il Sacro Convento di Assisi, la prima parte del Capitolo Ordinario della Custodia Generale del Sacro Convento, la circoscrizione dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali a cui è affidata appunto la custodia della Basilica in cui il 25 maggio 1230 fu sepolto il corpo del fondatore dell'Ordine stesso, il serafico patriarca san Francesco.
La celebrazione eucaristica di giovedì 23, memoria del vescovo e martire san Policarpo, è stata presieduta da S.E. Mons. Domenico Sorrentino, arcivescovo-vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, presso l'altare della chiesa inferiore eretta sulla tomba del Poverello.
Commentando la liturgia della Parola del giorno (Sir 5, 1-10; Mc 9, 41-50), il Presule ha rivolto ai presenti le seguenti parole:
Tenerezza e custodia. Saggezza e prudenza. Espressione di fiducia e monito severo. Sono accenti che si alternano e intrecciano in questi due brani della parola di Dio in cui predomina, con toni forti e concreti,  il registro sapienziale. Un registro di cui abbiamo bisogno, per apprendere la logica della divina sapienza e applicarla alla nostra vita.
Proviamo ad entrare nel messaggio della prima lettura.
Intercetta la nostra tentazione di fidarci di noi stessi, quando le cose vanno bene secondo i criteri mondani, dimenticando che tutto sta, ogni momento, sotto lo sguardo di Dio. «Non confidare nelle tue ricchezze e non dire: «Basto a me stesso».È la tentazione di chi possiede e si sente sicuro perché il suo denaro, le sue conoscenze, il suo saper fare, il suo successo, gli garantiscono il futuro.
Può persino capitare, quando tutto nella vita fila liscio, di perdere il senso del giudizio di Dio, scambiando per assenza e debolezza di Dio quella che è invece la sua pazienza misericordiosa.
«Non dire: “La sua compassione è grande;mi perdonerà i molti peccati”,perché presso di lui c’è misericordia e ira»
Ascoltare queste parole dopo un anno intero voluto da papa Francesco per farci ricordare che Dio è misericordia, ha quasi, a prima vista, il sapore di un passo indietro.È invece un passo nella verità, da prendere sul serio. È prendere coscienza della nostra responsabilità, che viene esaltata dal giudizio di Dio al quale non possiamo sottrarci. Esso temporeggia, ma verrà. Anzi, per dirla tutta, alla luce del vangelo,  è già venuto nella morte di Cristo, alla quale siamo chiamati a conformarci.
Questo messaggio, in definitiva, letto nella pienezza del Nuovo Testamento, mira a farci prendere coscienza proprio di ciò che costituisce il senso della vita cristiana: abbiamo accettato, e sempre nuovamente accettiamo, il giudizio misericordioso di Dio sulla nostra vita, ripetendo con Paolo, e certamente anche con Francesco alter Christus: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me». Nella croce di Cristo Dio giudica il nostro peccato. Se ci allontaniamo da lui, diventiamo schiavi del peccato. L’ira di Dio, in ultima analisi, non è la giustizia esteriore che ci viene da un Dio vendicativo, ma il suo arrendersi, terribilmente rispettoso, alla nostra libertà, quando ci collochiamo, volontariamente e per sempre, nella tomba del nostro peccato. Quella geenna “dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue” evocata dalle parole di Gesù è appunto la condizione ultima di irrimediabilità a cui ci espone il nostro indurimento, se resistiamo ostinatamente all’offerta della grazia. 
Anche il vangelo dunque si muove, non meno della prima lettura, sul registro dell’ammonizione. Questa volta a parlarci è il Dio che si è fatto vicino nel volto del figlio. Il discorso riguarda i “piccoli” di Gesù. In sostanza, tutti i suoi discepoli, perché non si può essere discepoli, veri discepoli, senza essere piccoli.Nei confronti  dei suoi piccoli, Gesù esprime innanzitutto un senso di tenerezza e di custodia. Viene fatta una promessa: chi darà anche un bicchiere di acqua a un discepolo, per la sua appartenenza a Cristo, non perderà la sua ricompensa. Ma viene subito l’altra faccia della tenerezza: la fortezza della custodia, che si esprime in ammonizione e minaccia. Guai a chi “scandalizza” uno dei discepoli: meglio per lui essere affondato nel mare con una macina di mulino al collo. 
Dalla prospettiva della custodia dei discepoli, rispetto a un mondo ostile e aggressivo, il discorso si fa più generale, orientamento valido anche all’interno del mondo dei discepoli e del loro reciproco rapporto, quando si tratta di edificare e non scandalizzare,   e quando si tratta di fare  scelte esigenti, che possono costare anche il martirio.
Si spiegano così queste affermazioni paradossali e quasi da brivido, rivolte appunto ai discepoli, alla Chiesa: taglia la mano che ti è di scandalo. Taglia il piede che ti porta su una strada rovinosa. Cava l’occhio che si chiude alla luce e ti fa inciampare.
Ammonizioni di tale severità sono innanzitutto utili alla nostra vita personale. Ci spingono, quanto meno, a prendere le precauzioni necessarie per tenerci lontano dal peccato. Ma le possiamo applicare anche alla nostra vita di comunità, alle nostre istituzioni, alle nostre prassi consolidate, delle quali diventiamo tante volte succubi, perdendo la libertà evangelica, magari con le migliori intenzioni di dialogo, di cultura, persino di malintesa efficacia apostolica.   
Siete in capitolo: preghiera, riflessioni, decisioni. Un momento importante sul quale invocare la benedizione del Signore. Un capitolo fatto nei luoghi dove riposa san Francesco è sempre un evento importante non solo nell’interesse della vostra famiglia religiosa, ma anche della nostra Chiesa di Assisi, madre di Francesco, come della Chiesa universale. La vostra santità, la vostra testimonianza, la vostra integrità di figli di figli del Poverello hanno un interesse che  va ben oltre i confini della vostra comunità. Per questo mi auguro un capitolo che si lasci interrogare sinceramente, direi spietatamente, da questi moniti di Gesù. C’è forse anche tra di voi, come tra tutti noi, qualcosa da tagliare, perché tutto il corpo possa essere più sano, più bello, più scattante, per l’annuncio del Regno di Dio?
Siamo in tempo di crisi e di rinnovamento. Il nostro Sinodo diocesano, che riconsegno alla vostra assimilazione cordiale, ne ha parlato in termini realistici e programmatici. Anche voi ci siete inevitabilmente dentro e non potete tirarvi fuori. A tutti noi è richiesta una nuova capacità di sintonizzare a pieno la nostra vita e le nostre istituzioni con il vangelo. Quello che fu l’anelito di Francesco, l’eredità ideale che lasciò ai suoi frati. Il suo “spogliarsi” fino alla nudità, realizzato, come gesto profetico e programmatico, all’inizio del cammino, nel  vescovado, e alla fine, in morte, alla Porziuncola. Un’immagine che è la cifra di tutta la sua vita. Anche per questo, come sapete, ho voluto rimettere in luce quel gesto  creandogli una nuova cassa di risonanza nel Santuario della Spogliazione. 
Su quel corpo spoglio proprio qui, nelle nostre Basiliche, la storia e la fede hanno creato un involucro grandioso, patrimonio culturale e spirituale da mettere in gioco nell’evangelizzazione. Ma dobbiamo essere vigili perché questo rivestimento prezioso di  un corpo santo, che rimane nudo,  sia   solo la cassa di risonanza di una nudità alla quale voi suoi figli,  chiamati a custodire questo luogo, e noi tutti, voi e noi, Chiesa di Assisi, dobbiamo sempre ritornare, chiedendoci se per caso non abbiamo bisogno di riascoltare il monito di Gesù: che cosa “tagliare”, perché l’organismo della nostra vita di comunità, della nostra Chiesa particolare, della nostra testimonianza, rifulgano pienamente di luce e vigore evangelici?   È una domanda che lascio come ideale consegna della nostra Chiesa di Assisi al vostro capitolo fraterno.Il vangelo si chiude con il simbolo del sale, che altrove troviamo specificato con l’appello ad essere sale della terra, in prospettiva dunque missionaria. Qui mi sembra più focalizzato sulla stessa vita ecclesiale, quale espressione del bisogno di conservare integra e saporosa la nostra  vita di discepoli,  centrandola su Gesù e conducendola nella pace. Rileggiamo ancora questo appello: «Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri».
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.