Basilica Papale di San Francesco in Assisi
Frati Minori Conventuali
Novena in preparazione alla festa del Padre Serafico
MISERICORDIOSI COME IL PADRE
LE OPERE DI MISERICORDIA
predicazione di p. Gianni Cappelletto, OFMConv.
Settimo giorno: venerdì 30 settembre 2016
Prendersi cura delle persone
«È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli. Riscopriamo le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti» (MV 15).
Siamo entrati in questa Basilica varcando la “Porta Santa della Misericordia”, accompagnati da san Francesco che ci ha augurato: «Entra, e vedrai cose meravigliose!».
Le meraviglie che abbiamo potuto contemplare in questi giorni della Novena sono state prima “i luoghi della misericordia” (oltre alla Porta, il Confessionale e l’Altare) e poi i volti che incarnano – con prospettive e colori diversi – il “Padre delle misericordie” (cf 2Cor 1, 3): Gesù, il Crocifisso Risorto; Maria, Madre di misericordia; alcuni Santi che hanno sperimentato e testimoniato la tenerezza misericordiosa di Dio (Maria Maddalena, Martino di Tours, Antonio di Padova).
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Roberto Joos, Francesco e il lebbroso (1982) |
Ora per la stessa Porta Santa usciamo per cercare di essere – secondo le nostre possibilità – icone viventi di quanto abbiamo contemplato qui in Basilica, secondo la logica evangelica del “gratuitamente avete ricevuto misericordia e perdono – gratuitamente donate misericordia e perdono” e secondo la logica pasquale del chicco di grano che accetta di morire perché altri abbiano la vita … e questi “altri” sono tutte le persone escluse da una società che vive secondo la logica del “prendere e mangiare” per sé, la logica dell’accaparramento e del profitto che miete sempre nuove vittime, quali i poveri, i malati, i rifugiati, gli anziani abbandonati, i bambini sfruttati … tutte persone che vengono “scartate” perché improduttive.
Illuminati dall’esempio di san Francesco, abbiamo sperimentato in vario modo la misericordia del nostro Dio; ora – da autentica “Chiesa in uscita” – diventiamo a nostra volta misericordiosi: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» è, infatti, il motto del Giubileo che stiamo vivendo.
Per diventare misericordiosi come il Padre, siamo invitati a incarnare quello che papa Francesco chiama “lo spirito del buon samaritano”.
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Gino Covili, Il bacio al lebbroso (1992/93) |
Infatti, quando l’8 dicembre dello scorso anno ha ufficialmente aperto l’anno giubilare, il Papa si è augurato che la Chiesa intera sappia andare incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo «facendo propria la misericordia del buon samaritano». Alla stessa parabola Francesco aveva fatto riferimento anche un mese prima parlando, a Firenze, alla Chiesa italiana riunita in Convegno, riconoscendo con gratitudine che «lo spirito del buon samaritano» ha dato volto concreto alla carità di tanti santi italiani, tra i quali primeggia san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia e ispiratore di molte “opere di carità” a favore dei poveri e dei lebbrosi di ogni epoca.
È lo stesso san Francesco, infatti, nel suo Testamento, a far riferimento proprio alla parabola del buon samaritano nel rileggere il suo primo vero incontro con i lebbrosi (FF 110). Sappiamo che molte volte li aveva evitati: come il sacerdote e il levita della parabola lucana, li vedeva sì, ma preso dalla paura e dal ribrezzo che gli suscitavano, passava oltre allontanandosi in fretta. Un giorno, però, spinto dalla grazia del Signore, ne incontrò uno nella piana di Assisi, verso Rivotorto: lo vide e finalmente “non passò oltre”: «gli usai misericordia» - commenta Francesco riecheggiando la risposta del maestro della legge che aveva chiesto a Gesù: “Chi è il mio prossimo?” (cf Lc 10, 25-37). E la misericordia messa in atto da Francesco è descritta dal suo primo biografo, il Celano, in questi termini: scese da cavallo, gli si accostò, gli baciò la mano infetta, gli diede un denaro (FF 592; 1034).
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Piero Casentini, San Francesco e il lebbroso |
Esperienza che ha radicalmente cambiato il giovane Francesco: «Quello che mi sembrava amaro – scrive nel Testamento – mi fu cambiato in dolcezza d’anima e di corpo». E di lì a poco scese verso il lebbrosario per aiutare chi – come lui – era stato toccato dalla compassione verso quelle persone, considerate gli scarti da tenere lontani. Il Poverello di Assisi ha avuto il coraggio – sull’esempio del buon samaritano – di permettere alla compassione presente in lui, di uscire allo scoperto … e si è ritrovato non “eroe per un giorno” quanto “per sempre” cristiano autentico. La compassione (o misericordia) di cui tutti siamo impastati non è un vago sentimento, non è un buonismo che ci affascina per un istante, ma è una scelta – uno stile di vita: quello del sentirci responsabili anche del bene degli altri oltre che del proprio, quello di non restare indifferenti né di scappare di fronte a chi – pure oggi – è bastonato a morte dai briganti che sono lasciati a piede libero anche dalla giustizia umana … ma di provare almeno a metterci nei loro panni: se succedesse a me di trovarmi “mezzo morto” e “abbandonato” sul ciglio della strada, cosa mi aspetterei da chi mi passa accanto? Fai agli altri – ci ammonisce Gesù – quello che desideri sia fatto a te in quella situazione (cf. Lc 6, 31).
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Sergio Albano, San Francesco bacia il lebbroso |
È in nome di questa “regola d’oro” che molti – anche non cristiani o poco praticanti – si impegnano oggi con gesti di concreta carità a favore di persone “percosse a sangue” e abbandonate, “scartate”, direbbe papa Francesco. Segni concreti e belli di cui ringraziare il Signore perché ci confermano che l’indifferenza non regna sovrana: c’è ancora spazio nel cuore e nelle mani di molti per le “opere di misericordia corporale e spirituale”, gesti di bontà che rendono più umano il nostro vivere prendendosi cura di quella parte di umanità alla quale è rubato tutto – a cominciare dalla dignità di essere persone con un volto e un nome.
Noi cristiani sperimentiamo ogni giorno la compassione che il Signore Gesù usa verso di noi: è Lui il nostro “buon samaritano”: vede le nostre ferite, non è preso dal panico né resta indifferente, ma vi versa continuamente «l’olio della consolazione e il vino della speranza» (Prefazio comune VIII).
Se anche questa sera siamo qui è perché tutti – in vario modo – abbiamo sperimentato la vicinanza del Signore: ci ritroviamo sì tutti feriti nel corpo e nello spirito, ma siamo riconoscenti perché Lui – mediante la sua Parola e il suo Corpo e grazie a gesti di compassione da parte di altre persone – si fa nostro compagno di viaggio per curarci, sostenerci, infonderci fiducia e speranza con cui ci testimonia: “Tu mi stai a cuore!”. Da qui il nostro grazie si fa restituzione ad altri della bontà e compassione ricevuta.
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Cecilia Ravera Oneto, San Francesco e il lebbroso (part.) |
Molto dipende da noi: possiamo, come il sacerdote e il levita della parabola, far morire in noi la compassione mettendoci sopra la pietra tombale della paura e dell’indifferenza … oppure possiamo – ispirati dal buon samaritano e sull’esempio di san Francesco – far spazio alla compassione aprendoci con umiltà e coraggio alla vita con gesti semplici e discreti che si prendono cura della vita mortalmente ferita “nel corpo e nello spirito” di chi ci vive accanto o incontriamo sul nostro cammino. Con l’attenzione che, nelle nostre opere l’oggetto specifico della misericordia è la stessa vita umana nella sua totalità. Per questo, quel che ci sta a cuore è l’umanizzazione delle persone e delle relazioni che si instaurano tra esse. L’aveva già segnalato Giovanni XXIII qualche giorno prima di morire: «Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l’uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere anzitutto e dovunque i diritti della persona umana e non solamente quelli della Chiesa cattolica.
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Norberto, Francesco e il lebbroso |
Non è il Vangelo che cambia: siamo noi che incominciamo a comprenderlo meglio … È giunto il momento di riconoscere i segni dei tempi, di cogliere l’opportunità e di guadare lontano». Per vivere quanto indicato è necessario riscoprire il meglio della nostra umanità, cioè lasciar spazio alla compassione e alla tenerezza di cui siamo plasmati per «dilatare il nostro cuore alla misura del cuore stesso di quel Padre misericordioso rivelatoci dalle parole e dai gesti del Signore Gesù» (Semeraro, in: "Credere" del 17 luglio 2016, pp. 39-45, passim) e testimoniato dalle scelte di tanti nostri Santi. «In un tempo come il nostro in cui ogni giorno siamo chiamati a misurarci con il rischio di una crescente disumanizzazione» e di un imbarbarimento delle relazioni tra singoli e tra stati, «frutti di un egoismo e di una paura che crescono e contaminano, diventare capaci di misericordia significa ridare spazio al meglio della nostra umanità» (Semeraro). E questo richiede l’intelligenza capace di leggere e valutare la realtà, il coraggio di compromettersi anche remando contro corrente rispetto al pensare comune, la tenacia che non ci fa girare dall’altra parte di fronte ai primi insuccessi o alle immancabili contestazioni.
“Va’, e anche tu fa’ così!” – ci chiede questa sera il Signore Gesù: “gratuitamente hai ricevuto misericordia – gratuitamente rimetti in circolazione la compassione”. Ci sostenga, nel desiderio di far nostro lo “spirito del buon samaritano” – ci sostenga e ci illumini l’esempio di san Francesco al quale affidiamo la nostra preghiera.
Preghiera di Papa Francesco
per il Giubileo della Misericordia
Signore Gesù Cristo,
tu ci hai insegnato a essere misericordiosi come il Padre celeste,
e ci hai detto che chi vede te vede Lui.
Mostraci il tuo volto e saremo salvi.
Il tuo sguardo pieno di amore liberò Zaccheo e Matteo dalla schiavitù del denaro;
l’adultera e la Maddalena dal porre la felicità solo in una creatura;
fece piangere Pietro dopo il tradimento, e assicurò il Paradiso al ladrone pentito.
Fa’ che ognuno di noi ascolti come rivolta a sé la parola che dicesti alla samaritana:
Se tu conoscessi il dono di Dio!
Tu sei il volto visibile del Padre invisibile,
del Dio che manifesta la sua onnipotenza
soprattutto con il perdono e la misericordia:
fa’ che la Chiesa sia nel mondo il volto visibile di Te,
suo Signore, risorto e nella gloria.
Hai voluto che i tuoi ministri fossero anch’essi rivestiti di debolezza
per sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore:
fa’ che chiunque si accosti a uno di loro si senta atteso, amato e perdonato da Dio.
Manda il tuo Spirito e consacraci tutti con la sua unzione
perché il Giubileo della Misericordia sia un anno di grazia del Signore
e la tua Chiesa con rinnovato entusiasmo
possa portare ai poveri il lieto messaggio
proclamare ai prigionieri e agli oppressi la libertà
e ai ciechi restituire la vista.
Lo chiediamo per intercessione di Maria Madre della Misericordia
a te che vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo
per tutti i secoli dei secoli. Amen.
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Salve, Sancte Pater, patriae lux, forma Minorum.
Virtutis speculum, recti via, regula morum:
Carnis ab exilio duc nos ad regna polorum.
(Salve, Padre santo, luce della patria, modello per i Frati Minori. Specchio di virtù, via verso ciò che è retto, regola di vita. Dall'esilio della carne, conducici al regno dei cieli).
Dio onnipotente
tu hai chiamato Francesco nella via povera e umile
a rassomiglianza di Gesù crocifisso:
concedi a noi di seguire il suo esempio
nella libertà dei figli di Dio
nella gioia dei cuori semplici
nello stupore per le tue creature.
Per Cristo nostro Signore.
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.