venerdì 28 aprile 2017

"Franciscus alter Christus". Visita alla chiesa inferiore della Basilica di S. Francesco in Assisi (3.2)

Lato nord della navata della chiesa inferiore
Chissà come Francesco si sarebbe sentito e ancor più comportato di fronte a questa notorietà, all'arrivo di chi giungeva da lontano per “vederlo”, attratto da quei segni – le stigmate – che con tanta fatica aveva cercato di celare. Emblematico al riguardo quanto scrive il Celano: «con ogni cura teneva nascosto il prodigio agli estranei, ma anche agli amici e ai confratelli, tanto che non ne seppero nulla per lungo tempo perfino i suoi seguaci più intimi e devoti» (1Cel 95: FF³ 486).
Nel comprensibile imbarazzo che tutto questo gli avrebbe procurato, pare sentirlo dire: "Non guardate me! Semmai guardate Cristo, colui che nella mia vita ho cercato sempre di imitare. E se proprio volete guardare me, allora «fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo (1Cor 11, 1)»". Francesco, oggi come allora, continua a indicare, a rimandare a Cristo. Anche qui dove, di fronte alle cinque scene tratte dalla sua vita, sul lato nord della navata, si decise di affrescare altrettanti quadri relativi alla vita di Cristo, in particolare al suo mistero pasquale di passione, morte e risurrezione.

Cristo depone le vesti
L’affresco sanfrancescano della rinuncia dei beni si viene così a “specchiare” in quello in cui Cristo depone le vesti, interpretazione teologica della sua spogliazione come ci è narrata dal Vangelo (cf Gv 19, 23). In quella veste “gettata” alla sinistra (per chi guarda) della croce come anche nella scala ad essa appoggiata si vuole dire come Cristo agisca volontariamente: «si sottomise spontaneamente alla morte, accettò volontariamente la morte, per distruggere quella morte, che non voleva morire» (cf Sant'Efrem, Disc. sul Signore, seconda lettura dell'Ufficio del Venerdì della III settimana di Pasqua). 
Il parallelo tra le due storie è evidente: guardando Cristo anche Francesco si spoglia liberamente del suo involucro materiale seguendo nudo il Cristo nudo (cf Guy Lobrichon, Francesco d’Assisi. Gli affreschi della basilica inferiore, Torino, SEI, 1987, pp. 60-61).

Gesù affidata a Giovanni la Madre
Una logica che vale per l’intera sequenza, a partire da quella successiva in cui, nel ciclo cristologico, sotto la croce Giovanni, il discepolo che Gesù amava, prende la Madre «in casa sua» (Gv 19, 27) o, come commenta sant’Agostino, «prese su di sé l'incarico di provvedere a lei in tutto» (Omelia 119), scena a cui corrisponde, sulla parete opposta, il sogno di Innocenzo III in cui Francesco viene visto reggere la Basilica cadente di San Giovanni in Laterano, omnium urbis et orbis ecclesiarum mater et caput. Francesco così assume il ruolo che aveva san Giovanni nei confronti di Maria: Dio gli affida la Madre Chiesa (Lobrichon, cit., pp. 62-63).

La deposizione di Gesù dalla croce
Nel terzo affresco della parete nord troviamo poi illustrata la deposizione di Gesù dalla croce: «possiamo dire che Dio abbandona il corpo di suo figlio a Maria, alla Chiesa, che da allora in poi se ne prende cura. La scena di fronte, nella quale Francesco predica agli uccelli, sembra avvalorare questa interpretazione. […] Colui che è nutrito della contemplazione del Signore crocifisso trasmette alle creature, anche a quelle comunemente ritenute prive di ragione, il messaggio più fondamentale. […] Francesco è interamente concentrato nel suo compito, molto composto; dispensa la parola del suo Dio a tutto il creato […]. Siamo di fronte a una scena di donazione, di lascito di un insegnamento, quasi un invio in missione con nessun altro attore se non Francesco, nuovo Cristo» (Lobrichon, cit., pp. 63-64).



Il compianto sul Cristo morto
Alla successiva scena della sepoltura di Cristo corrisponde quella delle stimmate di san Francesco. «Sedute accanto al sepolcro – recita l’iscrizione ancora leggibile – le donne piangono». Maria è sorretta dalle donne. Si tratta del tema del Compianto sul Cristo morto che diverrà popolare a partire dal secolo XIV. «L’insegnamento del Maestro di S. Francesco traspare chiaramente nell'accostamento delle due scene parallele: il compianto della Chiesa di fronte alla tomba trova il suo significato e quindi si risolve nell'identificazione con il Cristo, che costituisce un passo ulteriore all'imitazione richiesta dall'ascesi spirituale», una identificazione che per Francesco avviene appunto in quella configurazione di cui le stimmate sono il segno.

Fino a questo punto sembra che ci venga presentato quell'itinerario che san Paolo presenta nella Lettera ai Filippesi dove – almeno secondo gli esegeti – inserisce un antico inno battesimale che nella prima parte (2, 6-8) recita così: «[Cristo Gesù], pur essendo di natura divina, / non considerò un tesoro geloso / la sua uguaglianza con Dio; / ma spogliò sé stesso, / assumendo la condizione di servo / e divenendo simile agli uomini; / apparso in forma umana, / umiliò sé stesso / facendosi obbediente fino alla morte / e alla morte di croce».
Una via “discendente”, quella dello svuotamento (in greco kenosis), che Francesco assume per sé e indica ai suoi nella sequela del Cristo «povero e crocifisso» (2Cel 105: FF³ 692).

Gesù si fa riconoscere dai discepoli di Emmaus
Eccoci così giunti all'ultimo affresco, quello che rimane - almeno così secondo molti - della cena di Emmaus, «l’ultima cena terrena che rivela la gloria di Cristo. L’affresco, in maniera assai significativa, si trova a fianco dell’antico altare che separava la navata dal transetto, come testimoniano ancora le nicchie. […] Il tema della cena di Pasqua ben introduce alla scena della Morte di S. Francesco. Tommaso da Celano e Bonaventura, infatti, raccontano i preparativi della morte del santo come un’ultima cena. […] Francesco, con gli occhi spenti, d’ora in poi è rivolto verso il jubé e l’altare scomparsi, dove si celebra il suo ricordo. […] Sulla bocca dei francescani riuniti riaffiorano le parole dei discepoli di Emmaus: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le scritture?” (Lc 24,32)» (Lobrichon, cit., pp. 67-68). 


Prospetto dello jubé tra la navata e il transetto ricostruito dal p. Gehrard Ruf
e pubblicato in Lobrichon, cit., p. 33


Sembra anche di poter cogliere nel rapporto tra queste due scene il tema del riconoscere: da un lato i discepoli riconoscono Cristo nel gesto che l'anonimo pellegrino compie a tavola spezzando il pane; dall'altro i frati riconoscono in Francesco l'alter Christus vedendo finalmente le stimmate che egli con cura cercava di tenere nascoste e la sua anima portata in cielo dagli angeli (cf 2Cel 217a: FF³ 811-812).

Quest'ultima scena del ciclo cristologico - e con essa quella parallela della vista di san Francesco - ci presenta un evento "pasquale" che rimanda alla seconda parte del citato inno della Lettera ai Filippesi che così si conclude: «Per questo Dio l'ha esaltato / e gli ha dato il nome / che è al di sopra di ogni altro nome; / perché nel nome di Gesù / ogni ginocchio si pieghi / nei cieli, sulla terra e sotto terra; / e ogni lingua proclami / che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre» (2, 9-11).


Qual è dunque l’immagine di san Francesco che emerge dalla "lettura" dei cicli pittorici che l'anonimo pittore realizzò tra il 1250 e il 1260 sulle pareti della navata della chiesa inferiore della Basilica assisana dedicata al Poverello? La risposta la "rubiamo" da quanto affermava papa Benedetto XVI nell'udienza generale del 3 marzo 2010 riferendosi all'opera san Bonaventura da Bagnoregio che fu - come afferma lo stesso Pontefice - figlio devoto e successore nel governo dell'Ordine minoritico di san Francesco: «Il punto essenziale: Francesco è un alter Christus, un uomo che ha cercato appassionatamente Cristo. Nell’amore che spinge all’imitazione, egli si è conformato interamente a Lui. Bonaventura additava questo ideale vivo a tutti i seguaci di Francesco. Questo ideale, valido per ogni cristiano, ieri, oggi, sempre, è stato indicato come programma anche per la Chiesa del Terzo Millennio dal mio Predecessore, il Venerabile Giovanni Paolo II. Tale programma, egli scriveva nella Lettera Novo Millennio ineunte, si incentra “in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste” (n. 29)».


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Post relativi alla visita alla Basilica di S. Francesco in Assisi:

Introduzione generale
1. Dal colle dell'Inferno al colle del Paradiso

La chiesa inferiore
2Ferma il passo, rallegrati, o viaggiatore: il portale e il transetto d'ingresso
3.1Franciscus vir catholicus et totus apostolicus: il lato meridionale della navata con il ciclo sanfrancescano
3.2. Franciscus alter Christus: il lato settentrionale della navata con il ciclo cristologico
4.1Vivere secondo la forma del santo Vangelo - L’umiltà dell’Incarnazione: il lato settentrionale del transetto 
4.2Vivere secondo la forma del santo Vangelo - La carità della Passione: il lato meridionale del transetto
4.3Vivere secondo la forma la forma del santo Vangelo - In obbedienza, senza nulla di proprio e in castità: le "allegorie francescane" e il Gloriosus Franciscus nel soffitto della crociera


A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

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