domenica 12 maggio 2019

"Umanesimo francescano e fraternità globale" di José Antonio Merino Abad, OFM

Si riporta un'interessante contributo di fr. José Antonio Merino Abad, OFM, della Pontificia Università Antonianum di cui è stato rettore dal 1993 al 1999, all’incontro promosso dalla Fraternità Francescana e Cooperativa Sociale Frate Jacopa “In cammino verso Firenze 2015” – In Gesù Cristo il nuovo umanesimo – tenutosi a Roma dal 24 al 26 aprile 2015 e pubblicato ne "Il Cantico" nn. 5/2015 e 6/2015.



Introduzione
Francesco d’ Assisi, con il suo stile di vita, ha contribuito a creare una forma di essere e di vivere che molto ha influito sulla cultura occidentale. Il fondatore della fenomenologia dei valori, Max Scheler, vede nel Poverello «uno dei più grandi scultori dell’ anima e dello spirito della storia europea, che consiste nella formidabile prova di dare unità e condurre a sintesi, in un processo vitale, la mistica dell’amore onnimisericordioso, acosmico e personale, che non guarda più verso il basso ma verso l’alto, quello portato dal cristianesimo e fondato nell’amore di Gesù, assieme all’unificazione affettiva vitale e cosmica con l’essere e con la vita della natura. Tale fu la grande impresa del santo di Assisi» (M. Scheler, M., Wesen und Formen der Sympathie, Bonn 1931, 130; Sull’influsso di S. Francesco nella cultura del Rinascimento cfr. J. Huizinga, El concepto de la historia, México 1946, 124-128).
Il francescanesimo è un grande movimento umanistico vitale, religioso, sociale, evangelico e dottrinale che, tuttavia, è impossibile affrontare nella sua complessità in una riflessione breve come quella di questo incontro. Certamente, quando ci si domanda sull’utilità o l’inutilità di una realtà umana o di una dottrina, bisogna distinguere tra l’utilità di che cosa, per che cosa e per chi. Molte cose sono del tutto inattuali, non perché non valgono più, ma perché riguardano il futuro offrendo un messaggio che l’uomo contemporaneo non è in grado di recepire. In questa riflessione, non pretendo tanto di offrire una dottrina completa sull’umanesimo francescano quanto piuttosto di poter indicare un cammino possibile per l’uomo del nostro tempo affinché sia più umano. Una segnalazione che non è diretta ai francescani, ai cristiani, ai credenti, agli uomini di una determinata cultura, ma all’uomo in quanto tale. Credo che i percorsi e i sentieri qui presentati serviranno di fermento per un nuovo umanesimo aperto e globale, confermato dalla garanzia di otto secoli di storia e con la certezza che l’uomo è eternamente umano e ha bisogno di una permanente umanizzazione. Nel nostro tempo non serve più la tesi del superuomo, e tanto meno quella dell’infrauomo. Abbiamo bisogno di scoprire il giusto cammino della vera umanizzazione; e in questa linea si dirigono i seguenti cammini, sentieri e passaggi per creare la fraternità globale.

1. Cammino verso un umanesimo globale
Il vero umanesimo, l’umanesimo dell’uomo integrale, l’umanesimo che difende e tutela la dignità e i più profondi valori della persona, non sta nei proclami solenni dei partiti né nei loro lusinghieri sistemi politici o filosofici, ma nel modo in cui si vivono le relazioni interpersonali, gli impegni sociali e la vita del lavoro quotidiano, del riposo, dell’ amore, della festa e di tutte le altre relazioni con i propri simili. È qui che si può analizzare il messaggio, il contenuto e la qualità umanistica di un sistema, di una religione, di una filosofia, di una politica o di un gruppo umano. Ed è qui precisamente che il francescanesimo, come vita e come pensiero, si rivela in tutta la sua profondità e significato. 
Il francescanesimo, pertanto, non è solo un modo di rapportarsi con Dio e di interpretare la relazione di Dio con l’uomo e con il mondo; è più un modo di vivere e di interpretare le relazioni dell’uomo con l’uomo e dell’uomo con la natura e con la cultura. Il modo di trattare tutte queste realtà crea uno stile, e questo stile riflette una singolare qualità che si manifesta nel gesto, nel saluto, nel tratto normale e in tutti i momenti dello stare insieme con l’altro, del vivere con l’altro e dell’essere per l'altro.
La società contemporanea ha fatto grandi progressi e conquiste nel campo della tecnica e della scienza, nei mezzi di comunicazione sociale e nell’accorciare distanze spaziali. Ma a questo progresso materiale non sempre si è accompagnato un progresso spirituale, morale e umanizzante. In effetti oggi assistiamo alle grandi e tormentate concentrazioni di solitudini, alla cultura informatica che converte moltitudini in cifre, a una dinamica della produzione e del consumo, nel quale l’aspetto personale ed etico, i valori soggettivi e i grandi spazi della comunicazione non sono sufficientemente rispettati perché non rendono né producono.
La grande secolarizzazione culturale nacque prepotentemente nel Rinascimento, allorché si sviluppò un forte movimento antropocentrico che si esaurì nel razionalismo, nell’empirismo e nello psicologismo. A partire da allora, l’io si erge come forza e come criterio decisivo, fino al punto di dividere la realtà in due blocchi: io-non io, io-tu, io-società, io-mondo, io-Dio, io-legge. La realtà si presenta segnatamente duale ed antitetica. Invece di vedere delle presenze nell’altro, nel tu, nel mondo, in Dio, nella società, si vede una resistenza che bisogna dominare, sottomettere o eliminare. In questo modo la vita umana si trasforma in un orizzonte ineludibile di incalcolabili fraintendimenti, che giungeranno alla loro massima espressione nella lotta contro l’altro, in un esacerbato ateismo, nello sfruttamento della natura attraverso la tecnica e in un individualismo irritante. Ne discende che il problema della cultura europea e occidentale consiste in uno scollamento tra realtà che sono divenute diffidenti ed ostili tra loro.
Tale situazione culturale ha prodotto un atteggiamento di diffidenza e di sospetto nei vari settori umani. L’incomunicabilità umana trova la sua giustificazione nella tradizione culturale occidentale. Esattamente quando Cartesio inizia la sua ricerca filosofica fonda il problema dell’altro partendo dalla ragione solitaria e non dalla ragione comunicativa. Francesco non fu un profeta frustrato né un demagogo di turno, né un eterodosso per convenienza, né un classico dissidente. Non levò la voce contro niente e contro nessuno, né intese riformare la Chiesa né i cristiani. Cercò di riformare se stesso e gli uomini e le donne che si univano a lui volontariamente. Il Poverello fu un cristiano radicale, non un rivoluzionario sociale.
Francesco non fu mai un cristiano amareggiato né un importuno guastafeste. Perció, non creò sospetti nella gerarchia ecclesiastica perchè si potè constatare che egli non si concedeva alla critica abituale dei cosiddetti riformatori e di coloro che si credono migliori degli altri. Egli era troppo sensibile ed umile per potersi convertire in un eretico intransigente e in un franco tiratore; egli era così fortemente fraterno che non poteva limitarsi ad essere un fustigatore implacabile della società del suo tempo. Francesco, invece, si apre all’altro, lo rispetta e lo promuove esistenzialmente. Perciò, può indicare il cammino verso un umanesimo dalle porte aperte, che, superando il sospetto e la diffidenza, è capace di presentare le condizioni di possibilità per un dialogo basato sul rispetto, sull’accoglienza e nella speranza.

2. Cammino verso l'uomo comunitario
L’interpretazione dell’uomo, tanto nella sua dimensione personale come in quella sociale, dipende dai presupposti dottrinali che la supportano. Per questa osservazione esistono tante differenti antropologie quante sono le ontologie che le configurano.
Nella scuola francescana si parte sempre da Dio, come realtà fondante, configurante ed esemplare. Ne consegue che questa visione dell’uomo si fonda sui presupposti della fede, secondo i quali l’essere umano è stato creato ad immagine del Dio uno e trino. L’uomo, infatti, in virtù dell’immagine trinitaria che porta in sè, appartiene a due mondi diversi, quello individuale e quello sociale, proprio a somiglianza dell’essere divino che è comunità di persone. L’uomo è sia per sé che per gli altri, come le persone divine sono per se stesse, ma al tempo stesso sono l’una per l’altra. Tutta l’antropologia francescana è basata su una concezione della persona come essere relazionale e vincolante.
Il francescanesimo possiede il suo proprio universo simbolico che è al tempo stesso intellettivo, affettivo, significativo, ermeneutico e operativo e che può aiutare molti uomini e donne della nostra società a vivere umanamente e cristianamente nella propria realtà e a scoprire il senso intrastorico della vita quotidiana.
Vediamo alcune forme di esistenza che potrebbero servire all’ uomo del XXI secolo, agli impegni e alla convivenza quotidiana. Sono dimensioni umane che inglobano e si comprendono a vicenda all’interno dell’ universo simbolico francescano.
a. Come imparare ad abitare. 
L’essere umano viene in questo mondo per vivere; pertanto, si prepara per tante cose: un ufficio, una carriera, un posto di lavoro, ma non gli si insegna a vivere. Per questo, talvolta la vita si presenta problematica, caotica e difficile. Si rende perciò necessaria una nuova mentalità che ci insegni a scoprire la vita come il grande sacramento quotidiano, l’esistenza come grazia, la società come fraternità e il mondo come dimora. Solo in questo modo sarà possibile compiere il salto da un quotidianità superficiale ad una quotidianità profonda. 
L’eccedenza di umanità che Francesco porta in sé può aiutare a colmare le lacune umane della nostra società. L’amore del Poverello per tutti gli esseri rappresenta qualcosa di totalmente nuovo che può giovare a fare luce nella mente e infondere coraggio esistenziale per trasformare l’opacità e l’abitudinarietà della vita quotidiana in un nuovo orizzonte di incontro, di accoglienza, di poesia e di celebrazione liberante. Soltanto chi sa apprezzare e valorizzare il dono della vita è capace di incontrarsi in profondità con la realtà e di creare una nuova esperienza personale e comunitaria in un mondo che deve convertirsi in dimora e in una casa accogliente.
b. Correggere la nostra memoria storica. 
La storia scritta e trasmessa non sempre riflette la storia reale. È cosa nota che alcuni fanno o creano quel che si chiama storia ed altri la raccontano. Ogni eroe ed ogni battaglia ha i suoi Omero, quando non ha i suoi poeti e cronisti di parte. Quel che è certo è che le storie ufficiali di ogni nazione sono redatte con mezze verità proclamate e con molte verità deformate o messe a tacere. Francesco d’Assisi, con il suo profondo senso del concreto e del finito, potrebbe aiutarci a purificare la nostra vera memoria storica, a superare il facile e comodo manicheismo interpretativo e deformante, e a promuovere una vicinanza storica all’ uomo reale, sia vincitore che vinto. Tutto questo può aiutare a fare in modo che le nazioni, i diversi gruppi e le persone in lotta tra loro possano trovare un nuovo orizzonte di comprensione e di integrazione, essendo tutti impastati di luci e di ombre. 
c. Assumere il negativo.
In una cultura in cui la razionalità pretende di spiegare ed interpretare tutto il reale alla luce del perché, del per chi e del per come, come realtà comprensibili e verificabili, non c’è posto per il negativo, ritenuto scandalo e tormento per la nostra sensibilità puritana ed espressione di irrazionalità e di nonsenso. Non v’è dubbio che la vita quotidiana è intessuta di negativo e di positivo, per il fatto che ogni persona porta con sè un angelo e un demonio, in una lotta continua che difficilmente riesce a comporre, proiettando tale conflittualità nella vita di ogni giorno. Non è possibile abbandonare o negare le negatività dell’ esistenza, se non assumendole e superandole, se davvero si desidera un’integrazione con la vita concreta. Kant, molto appropriatamente, nel suo Saggio sul male radicale, ha scritto che l’uomo è destinato al bene, ma è inclinato al male. In questa tensione agonica tra destino ed inclinazione si origina l’insoddisfazione umana, con la quale bisogna fare pur sempre i conti. 
d. Superare la categoria della conflittualità.
Tutte le società hanno generato gruppi di persone escluse ed emarginate, che poi non hanno saputo né accogliere né sopportare. Esistono sempre dei lebbrosi e degli appestati che devono essere isolati e separati, come esistono sempre gli inseparabili eterodossi dell’ordine costituito che bisogna sottomettere o annientare. Il XIII secolo è un secolo di gerarchizzazione e di globalità. La stessa Chiesa si sforza di ammassare tutti i cristiani in una stessa struttura, benché ci siano delle esclusioni: eretici, giudei, lebbrosi etc. Francesco sta al di sopra e molto al di là dei gruppi antagonisti e rivali. Nel suo vivido universo, sentito e proclamato, non esiste la dialettica amico-nemico o amico-avversario o rivale, ma semplicemente la categoria evangelica di fratello e sorella, unica forma socialmente desiderabile ed esistenzialmente necessaria per giungere a una vera e credibile convivialità. Egli scrive a tutti i fedeli, a tutti i chierici, a tutti i governanti. Nel capitolo 23 della Regola non bollata c’è un testo essenziale nel quale Francesco mette sullo stesso piano tutti i gruppi del suo tempo senza preoccuparsi se siano socialmente privilegiati o esclusi, favoriti o sfavoriti socialmente. A Francesco sta a cuore l’ uomo concreto al di sopra della classificazione sociale e delle connotazioni convenzionali.
La dinamica della nostra società crea inevitabilmente il nemico necessario, che bisogna eliminare come ostacolo. Per il giacobino il male è il sacerdote, per il comunista il nemico del popolo è il borghese e per il nazista è l’ebreo. Come può vivere una nazione, un gruppo, un settore sociale senza un nemico reale o immaginario? Di solito il nemico è colui che deve essere eliminato come un ostacolo, un pretesto convenzionale perché il gruppo sociale possa giustificare la sua esistenza e il suo modo di agire. Francesco si colloca molto oltre le differenze antagoniste e rivali per incontrarsi con l’essenziale dell’uomo e con i suoi problemi. Per questo egli fu un profeta della pace, dell’ armonia e della cultura conviviale.
e. La riscoperta della gratuità.
Viviamo in una civiltà contrassegnata da un continuo produrre, in cui si può comprare o vendere quasi tutto: lavoro, merci, alimenti, vestiti, spettacoli, viaggi, cittadinanza, persone, etc. La nostra è una società in cui tutto si trasforma in merce, in essa non c’è posto per la gratuità, anche perché ciò che è gratuito è stimato o di nessun valore o è solo propaganda. 
Ovviamente quando tutto nella vita ha la sua tariffa, non c’è spazio per le cose supreme. Dio, la vita, i campi, i mari, le montagne, il sole, la luna, le stelle, i fiori, gli astri sono realtà gratuite ma non superflue, e non sono facili da scoprire e da contemplare da chi ha uno spirito commerciale e possessivo. Francesco, radicalmente affrancato da ogni faccenda accaparratrice e consumistica, scoprì l’intero universo come dono divino. Ma non solamente Dio è gratuito, bensì tutto l’universo è un meraviglioso orizzonte di presenze gratuite, che bisogna saper vedere, scoprire e celebrare. Il Santo di Assisi alla società di oggi e di domani offre una cultura dell’ascesi; grazie ad essa l’uomo moderno potrà scoprire il volto gratuito della vita e potrà imparare a ringraziare e a rivestirsi di simpatia, di cortesia e di amabilità, sentieri necessari per un’utopia del quotidiano. 
f. Essere accoglienti e comunicativi.
Per molto tempo si sono esorcizzati, divinizzati o demonizzati gruppi umani, classi sociali, ceti di persone, quasi come dei centri ipostatizzati di cattiveria o di bontà. Ma dopo la caduta del mito delle classi buone e cattive bisogna aprirsi alla dinamica di una relazione più personalizzata, anche se bisogna salvare tutta la società. All’atteggiamento di rifiuto e di sospetto bisogna opporre un’azione di accoglienza, di collaborazione e di partecipazione. Pertanto, il nostro prossimo futuro non ci chiederà tanto l’eroismo della ragione quanto l’eroismo della volontà, grazie a quella rara virtù che si chiama magnanimità. Solo gli spiriti magnanimi potranno levare un canto nuovo sulla terra. 
I francescani, nel corso della storia e seguendo l’esempio di Francesco con i lebbrosi, si sono preoccupati in modo speciale dell’ accoglienza dell’altro, soprattutto dei più declassati ed emarginati, con le più svariate modalità di beneficenza e di opere di misericordia. Ma, i francescani sono stati anche i principali difensori della verità che la salvezza non riguarda solo la persona, ma l’umanità e la creazione intera. Nel nostro tempo l’uomo deve sentirsi protagonista attivo nella trasformazione della società. Non bisogna favorire una neutralità di comodo né complici evasioni, ma un’azione promotrice ed operativa, che sappia gestire e realizzarsi a partire dalle possibilità più reali di ogni persona e di ogni gruppo. 
Max Scheler ha indicato come il primato del sangue, il primato della forza e il primato dell’economia abbiano caratterizzato i tre grandi periodi della storia umana. Forse, al futuro immediato, è riservato il primato della cultura dell’amore, della cordialità e delle porte aperte, nel quale tutti si sentono accolti; dove il sangue, la forza e l’economia siano sostituiti dal seguente decalogo: rispetto, accoglienza, amabilità, cortesia, benevolenza, tenerezza, simpatia, ottimismo, gioia e dialogo. In questo nuovo universo «amici e nemici si incontrano nella stessa categoria davanti all’amore, categoria che dà all’essere vivente somiglianza con Dio», come direbbe J. Duns Scoto (Ordinatio III, d. 30, q. un. n. 14).

3. Cammino verso la civiltà della pace
Viviamo in una società che mostra una chiara ed aperta competitività nel potere, nel sapere e nell’avere; nella quale si manifestano rivalità, aggressività e violenza; la violenza praticata in forme brutali o con modi raffinati ed eleganti. Ogni giorno i mezzi di comunicazione sociale ci abituano a convivere con uno stato anormale di violenza e di oppressione. La violenza poi si presenta in mille forme: culturale, politica, ideologica, religiosa, economica, propagandistica, giuridica, pedagogica, etc. Infatti, si ferisce non solo con le armi, ma anche con le parole umilianti, con gesti dissacranti, con modi incivili, con pretese arroganti e squilibrate. Così si violano i diritti più elementari (vita, lavoro, casa, alimentazione, famiglia), come pure il rispetto, il pudore, la propria sensibilità, l’ intimità e i sentimenti più profondi. Si pratica la violenza come passione o come godimento o come sport, e si trasmette come notizia quotizzabile o come propaganda. 
Per S. Francesco, infatti, la pace non costituisce un imperativo categorico, un dovere da compiere dalla volontà illuminata dalla ragione, non è il risultato di un impulso generoso proprio di uno spirito romantico e pietoso. Si tratta, invece, di un dovere e di un imperativo che nasce dalla fede viva e dal grande anelito di poter godere di questo grande dono messianico. Egli, così, comprese che la pace è un valore assoluto, che richiede le più grandi forze ed energie spirituali ed umane di ogni uomo di buona volontà.
Da questa vissuta convinzione del fondatore della Famiglia francescana prese carne nei suoi seguaci la scelta di difendere i diritti umani e di aiutare i più bisognosi, come ben dimostrano gli otto secoli della sua storia. Anche nei pensatori più indipendenti del francescanesimo, si rileva una predilezione particolare per un’antropologia relazionale e la difesa del diritto soggettivo. Bonaventura, Pietro Olivi, R. Bacone, G. D. Scoto e G. Ockham, etc. elaborano una filosofia, una teologia e vari principi giuridici interessantissimi e molto apprezzati per una nuova comprensione e una rinascita dei diritti della persona nei quali convengono e si ritrovano i trattati internazionali. Pertanto, la filosofia del diritto, che attualmente è predominante nei trattati internazionali, è fondata sul concetto di individuo, che risale a Rousseau, potrebbe essere sostituita da una nuova filosofia del diritto basata sulla persona, che è comunità, ed è colta secondo il modello personalistico del mistero trinitario. Si rende, perciò, necessario introdurre nel circuito culturale la possibilità che la dottrina sociale e la filosofia del diritto s’incontrino nella Trinità (cf. la mia conferenza tenuta alla Pontificia Università di Salamanca La Trinidad, para digma de vida comunitaria en S. Buenaventura, pubblicata in "Estudios Trinitarios" 30, 1996, 3-34).
Francesco d’ Assisi e la spiritualità francescana possono contribuire a creare un mondo più pacifico, unificato e fraterno attraverso i seguenti principi e comportamenti:
a. Bisogna riconoscere la dignità dell’altro in quanto è immagine di Dio e perciò, non riducibile ad oggetto, ad una merce né ad uno strumento da utilizzare ed usare per i propri bisogni, capricci ed egoismi. Solo un’idea alta dell’uomo plasma società adulte, veramente libere, ponendo le fondamenta per una democrazia reale e duratura.
b. L’uomo è un essere strutturalmente relazionale chiamato a vivere in comunità, essendo stato creato ad immagine del mistero trinitario. Di qui il dovere di riconoscere tutti i diritti dell’altro, del diverso, che non è un nemico bensì un fratello. Nella comunità umana tutti siamo necessari e tuttavia nessuno è indispensabile.
c. Le leggi che devono governare nella nostra società sono: il rispetto come metodo, la cortesia come stile e la carità come norma. Ma bisogna sempre partire dalla giustizia, bisogna aspirare sempre all’amore gratuito e senza ricompense, e alla celebrazione della carità.
d. La persona umana è un homo viator che vive nel tempo, ma aspira all’eternità. Occorre difendere e promuovere la terra, senza dimenticare che il nostro destino ultimo non si compie qui sulla terra. Bisogna saper relativizzare e sdrammatizzare tutto ciò che è costitutivamente temporale. L’esistenza è passaggio e non possesso. 
e. Assumere le negatività e i limiti dell’altro, perché solo Dio è assoluto. L’uomo è una grande possibilità, ma è pur sempre limitato; è luce, ma circondato da ombre. La più grande ascesi consiste nell’accettazione dell’altro così come egli è e si presenta. In un mondo che predica l’uguaglianza, è indispensabile mettersi al servizio dei più bisognosi e dei meno favoriti umanamente e socialmente. Quando smettiamo di essere narcisisti ci apriamo alla realtà e alla complementarietà dell’altro.
f. Davanti alle aggressività e alle tensioni che si accumulano nella vita quotidiana non esiste miglior rimedio che un atteggiamento positivo di comunicazione e di partecipazione gioiosa ed allegra. Nelle relazioni interpersonali alla festa deve essere riservato un posto privilegiato. Per questo, alle relazioni troppo possessive della maggior parte dei cittadini bisogna contrapporre relazioni gratuite, gioiose e generose.
Infine, lo spirito francescano, il suo messaggio e il suo carisma possono insegnare agli abitanti del futuro a vivere l’utopia della pace quando ci apriamo all’esperienza della magnanimità e a mettere in pratica lo spirito della benevolenza evangelica.

4. Cammino verso l'armonia con la natura
Francesco d’ Assisi non si pose mai il problema tra soggettività ed oggettività, tra interiorità ed esteriorità, tra l’io e il mondo. La sua grande preoccupazione fu sempre quella di vivere la vita come un grande segno, un sacramento, perché tutto è grazia. Con questo sentimento così rorido di gratuità si relaziona con tutti gli esseri, partecipa con loro, celebra con loro e perfino sente con loro. Qui non appare nessun tipo di dualismo o di aporia filosofica o psicologica tra l’io e il mondo, tra l’io e l’altro, tra l’io e la vita. Tale problematica interessa fondamentalmente coloro che pensano più che vivere, che analizzano più che sintetizzare. Il cittadino di Assisi visse spontaneamente un dialogo creatore con tutte le realtà umane e mondane. Visse la grande alleanza messianica senza solenni atteggiamenti né annunci roventi, ma con la semplicità sconcertante di un uomo completamente libero, unificato ed armonizzato. Egli non fu un eremita della delusione quotidiana, né un romantico occasionale forgiato dalla moda di turno. Così non difese solo una parte della creazione obliandone altre. Egli si fece semplicemente difensore e cantore di tutta la natura, perché nella sua interezza, essa riflette ed è specchio della grande presenza: Dio, altissimo, onnipotente e sommo bene, che garantisce tanto gli esseri grandiosi, come il sole, la luna, le stelle, gli oceani, quanto gli enti più umili e nascosti, come gli atomi, le violette o i fuscelli del camino.
Frate Francesco non si pose davanti alla natura con spirito pauroso, come se la realtà tutta fosse abitata da spiriti minacciosi da placare e a cui obbedire. Questo atteggiamento corrisponde ad un sentire eccessivamente arcaico che non ha superato l’animismo primitivo. Tuttavia, non fu uno spirito romantico proiettando i propri sentimenti sulla natura. Il romanticismo è una caratteristica della soggettività moderna, che si serve della natura per scendere nelle profondità della propria coscienza e nei propri sentimenti. Certamente, tanto il mondo arcaico, nel suo timore, come il romantico nella sua tumultuosa affettività, non ascoltano la voce della natura, ma piuttosto proiettano su di essa le proprie paure o i propri sentimenti. In S. Francesco c’è la volontà autentica di ascoltare tutta la creazione, nella quale egli percepisce la voce segreta e il silenzio sonoro di Dio creatore, padre di tutti gli esseri; in questo silenzio fecondo e partecipativo egli può cantare con tutti gli esseri l’autore della creazione. Chi canta, celebra; chi celebra, partecipa; chi partecipa, non distrugge.
Il Cantico delle creature è espressione della vita di un uomo che è riuscito a fare la difficilissima sintesi esistenziale dell’armonia con se stesso, nonostante le proprie contraddizioni interiori; del legame con Dio, nonostante i suoi silenzi e le sue prove; della fraternità con gli uomini, nonostante le violenze e le aggressività quotidiane; della comunione con tutte le creature, nonostante le proprie resistenze ed opacità. In questo cantico si trova una singolare armonia tra archeologia interiore ed ecologia esteriore; simbolo di ciò che difetta nell’ uomo moderno e paradigma per imparare ad abitare nel mondo e a coabitare pacificamente con gli altri e con l’Altro.
Quando dal vivace mondo di S. Francesco si passa al mondo interpretato dai pensatori francescani ci imbattiamo in un orizzonte comune, che si allarga nella dimensione filosofico-teologico-mistica. A questo punto l’universo spirituale di Francesco non è trasformato né deformato, ma solo trasceso in una poderosa sintesi mentale ed affettiva nella quale Dio, l’uomo e il mondo si presentano magistralmente articolati ed interrelazionati in un luminoso e coerente sistema metafisico.
Chi sa rinunciare al tempo troverà la gratuità nel tempo. Una morale della frugalità e un’ascesi delle cose aiuteranno l’uomo ad instaurare una relazione più personale, libera ed umana con tutti gli esseri, ad addomesticare l’istinto dell’avere e a poter fruire della gratuità della creazione. Così, soltanto chi è capace di dire no alla società del superfluo e del consumismo potrà godere della libertà e dell’autentico valore dell’esistenza vera, che è coesistenza degli uomini con la natura e con tutte le creature che le appartengono.

In chiave francescana ardisco fare alcune proposte per un’ecologia operativa in un futuro immediato: 
a. Scoprire e rispettare tutto l’universo come il nostro orizzonte vitale e necessario, rendendo giustizia alla natura e a tutti gli esseri che sono in essa.
b. Condividere fraternamente i beni e gli esseri della creazione con tutti gli uomini, giacché tutti formiamo una fraternità. In questo modo faremo giustizia agli uomini fratelli più deboli o meno fortunati o ignoranti.
c. Mettere insieme tutti i nostri sforzi per creare una pace universale con tutti gli uomini e con tutte le creature e gli enti della natura. Soltanto una simpatia disinteressata potrà trasformare le nostre relazioni egoistiche.
d. Umanizzare la natura attraverso la tecnica. Ma per questo è necessario sostituire le tecniche di morte e trasformare le cose pericolose in altre più sane ed umanizzanti.
e. Proclamare e difendere una Magna Charta sui diritti della natura come realtà vivente.
f. Contrastare con tutti gli strumenti possibili: tecnici, economici, politici, culturali, etici e religiosi ogni tipo e forma di distruzione o di morte di parte o intere regioni dell’ universo, e allo stesso modo all’estinzione di specie della flora e della fauna.
g. Risanare gli ambienti pericolosamente contaminati, come gli oceani, i mari, i fiumi, le montagne, le foreste, etc. e rivitalizzare tutte le terre sfruttate e aride.
h. Promuovere una pedagogia ecologica che insegni agli uomini l’arte di stare nel mondo e di trattare gli esseri e le cose. Una pedagogia che ominizzi gli esseri irrazionali ed umanizzi le nostre relazioni con le cose.
i. Lavorare per la creazione di un sistema alternativo, nel quale sia sostituito il concetto di progresso misurabile in termini quantitativi di possesso e di gestione egoista con il concetto di progresso basato sulla promozione della qualità della vita.
l. Passare dall’ utilitarismo cosmico alla celebrazione cosmica. Per questo bisogna promuovere una cultura ecologica basata sull’amore, il rispetto e la giustizia. In questo modo faremo del mondo la nostra propria accogliente dimora nella quale possiamo imparare a stare, a vivere, a condividere e a celebrare.

5. Cammino verso una cultura ludica o dell'umanesimo gioioso
Francesco, con il suo canto e con la sua vita armoniosa e redenta, anticipa e preannuncia un mondo nuovo. Egli è il precursore di una nuova cultura festiva e gioiosa. In tal modo nella realizzazione del suo messaggio è già presente il futuro. La letizia francescana si fonda e si nutre della metafisica dell’amore e di una antropologia relazionale. Il Dio-amore è garanzia fondata in una nuova promessa che non defrauda, e ha, allo stesso tempo, una dimensione sociale e vincolante. Essa è costruttiva e creatrice.
La cultura della gioia sa sdrammatizzare, è il sale della ragione e il segreto della vita felice.
Conosce la saggia ironia perché è cosciente della grande limitatezza umana. Sa giocare con la comicità per esorcizzare il falso. È capace di sorridere davanti alle cose troppo umane perché ha la chiara consapevolezza che solo Dio è perfetto. Sa donare una tonalità particolare e costruttiva alle relazioni interpersonali, troppo spesso cariche di tensioni e di nervosismo. Supera la convenzionalità della vita quotidiana ed è capace di dar vita ad una nuova forma di esistenza più umana ed umanizzante. La dimensione ludica non è in contraddizione con l’ascesi evangelica e le esigenze della croce, bensì le presuppone. La rinuncia e l’ascesi francescana non derivano da una fatica vitale né da un pessimismo esistenziale, ma dal desiderio di vivere e dalla gioia di esistere. Molto giustamente dice P. Prini che «l’ascetismo francescano non è un ascetismo eudemonologico. È l’ascetismo della perfetta letizia» (La scelta di essere, Roma 1982, 97). Si tratta di un’ascesi praticata nella gioia e nel desiderio di vivere, non nella tristezza e nel fastidio. La pratica francescana della rinuncia e della povertà, come scelta di vita, è una contestazione profetica del pragmatismo economico e dello spirito borghese. Sottolineando il primato dell’essere sull’avere si pone in atteggiamento di frontiera dinanzi alla società consumistica e produttivistica. La povertà vitale per S. Francesco non era la caduta nella miseria né il soccombere allo spirito errante e indolente. La povertà era l’irrefrenabile celebrazione dell’altissima dignità dell’uomo che ha superato la reificazione ed ha incontrato la pienezza di una esistenza realizzata in Dio, creatore dell’universo.
La letizia cantata e vissuta da S. Francesco, non disgiunta da una ascesi liberatrice ed umanizzante, non è una semplice esortazione morale né espressione ludica della banalità, bensì la dimostrazione raggiunta da un esito di liberazione, al quale hanno anelato e preteso di arrivare le filosofie di tutti i tempi: la verità dell’essere dell’uomo. Verità che si manifesta nella trasparenza del proprio essere fino alla vetta e molto oltre l’avere, il consumare, e il fare. In questo modo l’uomo ha guadagnato il suo vero giusto posto nel mondo. La creazione di una nuova cultura e di una società rinnovata sarà possibile soltanto se gli stimoli del potere, del guadagno, dello sfruttamento, dell’antagonismo e del materialismo saranno sostituiti da quelli dell’essere, del condividere, comunicare, vivere e celebrare; se il carattere commerciale della nostra società sarà rimpiazzato dal carattere creativo e festivo; se la religione della tecnica sarà sostituita dalla religione dell’amore e del dono gratuito.

Considerazione finale
Intenzionalmente in queste pagine si è voluto evitare di presentare un sistema dottrinale del francescanesimo, preferendo segnalare un atteggiamento ed una direzione esistenziale, sociale e culturale che possano orientare l’uomo contemporaneo. Senza difendere uno sforzo prometeico, bisogna riconoscere il protagonismo dell’uomo nella costruzione della storia e della cultura. Lo stesso Scoto sostiene che Dio è in ciascun uomo nella misura in cui questi gli permette di stare. La stessa cosa può dirsi se la società e la cultura diventeranno come l’uomo le propone. Il futuro non è una continuazione distaccata e senza conseguenze del presente. Di qui l’urgenza di classificare i grandi valori e i principi umanizzanti e la generosità con il presente.
L’umanesimo francescano offre i presupposti antropologici e culturali per costituire la desiderata fraternità globale. Questo umanesimo è in grado di offrire alla società del futuro una visione e una interrelazione sinfonica e dinamica tra gli uomini, tra la natura e Dio. Tuttavia, gli attori o i promotori del francescanesimo debbono avere la virtù di osare e di non ripiegarsi timidamente su se stessi. Devono prestare molta attenzione alla vita, come fece S. Francesco, e mettere in atto una filosofia dell’ascolto, della meraviglia e dello stupore dinanzi all’esistenza quotidiana. Occorre avere una visione trasparente di fronte alla cultura dominante per saper distinguere i valori e i disvalori presenti. Al tempo stesso occorre aver molta attenzione alle culture emergenti e avere il coraggio di essere creatori e forgiatori di nuove forme di esistenza nella società. Attualmente la scienza e la tecnica chiedono con urgenza una speciale attenzione ed un dialogo. 
Il vero francescano ama le diverse realtà: il mondo o natura, gli uomini e Dio perché tutte insieme costituiscono la verità sinfonica. Talvolta il cammino più diretto del francescanesimo nella società del futuro sarà smascherare le false apparenze e presentare, grazie alla letizia e alla cortesia, la semplicità del vivere, giacché, alla fine dei conti, il grande problema sta nel cercare di essere semplici, che è la cifra di ciò che ci manca. Abbiamo bisogno dell’umanesimo della gioia innocente per costruire la fraternità globale.

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