Nel primo numero del 2004, in occasione del 750° anniversario della dedicazione della Basilica di S. Francesco in Assisi, la rivista "San Francesco patrono d'Italia" pubblicava sotto il titolo 1253: Innocenzo consacrò la Basilica di San Francesco. A 750 anni di distanza un interessante articolo di fr. Pasquale Magro, minore conventuale maltese, allora Direttore della Biblioteca del Sacro Convento e del Museo del Tesoro della medesima Basilica assisana, che si ripropone.
Nicola da Calvi, frate francescano cappellano e confessore di Innocenzo IV, poi vescovo di Assisi (1247-1273) così racconta la cerimonia della dedicazione della basilica di San Francesco in Assisi: «Innocenzo IV ha dimorato con tutta la curia per tutta quella estate del 1253 (dalla domenica in albis: 27 aprile a lunedì 6 ottobre) nel luogo del beato confessore Francesco, dove riposa il suo santissimo corpo. Su consiglio dei frati aveva stabilito che la consacrazione della chiesa era da tenersi la domenica precedente la festa dell'Ascensione del Signore. Arrivato il giorno fissato, è stata dallo stesso Pontefice consacrata la chiesa e gli altari, presenti molti vescovi. Sia per il luogo devoto come per reverenza al Sommo Pontefice consacrante, tanto grande fu la folla di popolo, di prelati, di religiosi, di chierici, di uomini, di donne e piccoli, accorsa da regioni lontane come da quelle vicine, che nessuno poteva numerarla. Le valli e i colli, la pianura e la stessa città di Assisi ne erano stracolmi. Il Papa ha concesso agli intervenuti ampio perdono e indulgenze per i peccati. Lo stesso signor Papa ha poi ordinato che la festa della consacrazione fosse celebrata annualmente nella domenica prima dell'Ascensione» (Niccolo da Calvi e la sua Vita d'Innocenzo IV con una breve introduzione sulla istoriografia pontificia nei secoli XIII e XIV per F. Pagnotti, Roma, R. Società Romana di Storia Patria, 1898, p. 110).
Dedicato a Dio in memoria di Francesco d'Assisi (1182-1226), il santuario sepolcrale rimarrà nei secoli la risposta artistica più compiuta del mondo cristiano guidato dai pontefici romani, al desiderio espresso da Fra Elia vicario del santo, nella lettera enciclica per la morte del Patriarca: «Custodite il ricordo del Padre e Fratello nostro Francesco, a lode e gloria di Colui che lo ha reso grande fra gli uomini e lo ha glorificato tra gli angeli» [7: FF 311]. Gregorio IX, eletto Papa cinque mesi dopo la morte di Francesco, il 29 aprile 1228 diresse la bolla con l'ordine di costruzione (construatur) della chiesa in cui deporre il corpo di Francesco a tutta la cristianità (universis christifidelibus); non quindi al ministro generale dei francescani Giovanni Buralli da Parma, non al vescovo Guido II o al Podestà della città. Quello di Assisi doveva rimanere "il" tempio votivo che la cristianità ha eretto "per grazia ricevuta" da Dio che le aveva mandato Francesco. Bonaventura da Bagnoregio così introdurrà le sue vite di Francesco: «È apparsa la grazia di Dio in questi ultimi tempi nel suo servo Francesco» [LMag Prologo 1: FF 1020]!
Non si può provare con documenti antichi che la chiesa sia dedicata alla Vergine, come si dice e si scrive a partire forse dal 1704 da Francesco Maria Angeli. Il santuario non consta di due chiese, ma di "una chiesa doppia" avente classicamente: 1) cripta o vano cimiteriale con cella funeraria o "confessione" (ampliata purtroppo tra il 1818-26) e 2) chiesa con vera e propria funzione liturgica.
Fino al 1749 l'unica cattedra pontificia nel piano superiore marcava liturgicamente l'unicità del dittico architettonico e quindi dell'unica dedicazione a San Francesco. Ancora nel Cinquecento fra Ludovico da Pietralunga non accenna ad altra intitolazione della chiesa, anche se non ignora significati simbolici mariani dell'edificio materiale in quanto dimora, casa, palazzo di Dio. Neanche il coevo fra Pietro Ridolfi da Tossignano distingue due chiese a proposito di intitolazioni. Arrivando a trattare del santuario di Assisi, egli intitola il capitolo: De tempio Assisii Beato Francisco dicato. La bolla del consacrante Innocenzo IV Si populus israeliticus (11 giugno 1253) non lascia dubbi: «Desiderosi che la chiesa, costruita in onore del beatissimo confessore di Cristo Francesco assisiate, in cui riposa il suo prezioso corpo splendente di molti miracoli, e che noi stessi abbiamo dedicato ad onore di Dio e del suo confessore, venisse debitamente onorata...». Il fatto che il 21 novembre 1898, l'altare del piano superiore — spostato in avanti dal centro della crociera per problemi di staticità — fu consacrato dal vescovo De Persis ancora «in onore della Natività della beatissima e sempre vergine Maria Immacolata...» non invalida l'originaria intitolazione.
A partire dal Seicento, la perdita di originarie intenzioni ha prodotto in basilica ben più gravi mali. Chi insiste sull'intitolazione mariana ignora che già l'altare del transetto nord è intitolato a "Maria degli apostoli"; la sovrastante vetrata dov'è raffigurata l'Ascensione di Gesù con Maria e gli Apostoli conferma tale consapevolezza, confermata del resto ancora dalla presenza di una tela titolare con lo stesso soggetto mariano-apostolico, rimosso dall'altare dal Cavalcaselle nel 1870. Le incisioni del Mariani (1820-30) ne fanno fede.
L'argomento iconografico per l'originaria intitolazione unica del tempio sepolcrale di San Francesco è ravvisabile nell'immagine del santo accanto a quelle tradizionali e comuni a tutte le chiese, in oriente e occidente, della deesis o intercessione, al centro della volta della chiesa superiore, con il Salvatore, Maria e Giovanni Battista. Il quarto posto, spettante al titolare, ad Assisi è riservato a Francesco. Dante Alighieri se ne ispirò per coronare la Commedia: anche in questa Francesco occupa il posto gerarchico riservatogli ad Assisi dal romano Jacopo Torriti, su indicazione mirata di papi e frati.
Francesco capo e madre dell'Ordine
Quando ancora non esisteva il piano superiore e ad un mese dalla traslazione del corpo del Santo nella nuova e definitiva tomba, il 22 aprile 1230 il papa fondatore Gregorio IX dichiarò il santuario «capo e madre dell'Ordine francescano». Questo era un titolo riservato alla lateranense basilica dedicata al SS. Salvatore e cattedra del Papa e quindi "Capo e Madre" di tutte le chiese cristiane. Non era quindi la bellezza artistica architettonica e decorativa straordinaria del tempio assisiate compiuto che ha meritato tale titolo onorifico all'edificio. Nemmeno la sua posizione cronologica nella mappa degli insediamenti francescani primitivi. È Francesco, da glorificare quale "capo e la madre" dell'Ordine. Egli precede ed eccelle su ogni "luogo francescano" che senza di lui non può essere chiamato tale, anche se ne è più antico. È lui che trasmette carisma al luogo che diventa quindi "francescano" per la sua presenza santificatrice. Da quando esiste il santo "testimone" del Dio cristiano (in greco: martire) il suo sepolcro ne rimane il testimone-memoriale per eccellenza (martirion). Vittricio di Rouen ha scritto: «L'uomo di Dio muore; ma rimane in piedi nel cuore dei credenti». Sofia Boesch Gasano insegna: «Il corpo è la realtà fisica in cui si iscrive il percorso spirituale (...). Il corpo del Santo vivo è già un corpo santo. E ogni santo continua a vivere nel suo corpo morto. La tomba del santo è il luogo privilegiato dell'incontro tra divino e umano» (La santità, Bari 1999, p. 20).
Lungo i secoli ad Assisi nacque la credenza che Francesco era nella cella sotterranea "vivo e in piedi". False profezie duecentesche di frati spirituali gioachimiti ne avevano preparato l'humus di crescita, parlando di "Francesco risorto"! Nel Seicento, quando l'Ordine francescano causa fratture interne seguite da campanilismi creatori di centri spirituali contrapposti nella stessa Assisi, il francescano recolletto Lucas Wadding precisava: «A dire la verità per antichità capo è il Convento di Santa Maria degli Angeli e madre per l'istituzione là della religione, ma quello di Assisi per privilegio pontificio gode di ambedue i titoli per dignità e autorità e primeggia ("praecellit") su tutti per il tesoro del Corpo del Patriarca che custodisce». Non sono le pietre più antiche che danno prestigio spirituale ad un luogo ma la presenza fisica in esso della persona santa, nel nostro caso di Francesco d'Assisi. Là dove all'origine non c'è un corpo santo si inventa una "leggenda di fondazione" per materializzare una santa presenza tramite una epifania... È un tentativo di esorcizzare una mentalità feticistica del santuario.
Il santuario francescano e la costruzione del regno
Nel 1261, il vescovo di Pisa Federico Visconti (aveva conosciuto personalmente Francesco che predicava la pace sulla piazza maggiore di Bologna nel 1222) così scrisse della chiesa di San Francesco: «L'uomo dello spirito deve incoraggiare il peccatore alla confessione, e dopo averlo confessato, alla soddisfazione. Così deve spingerlo a fare opere di penitenza, ad andare cioè in pellegrinaggio oltremare al Sepolcro di Cristo o a quello di San Giacomo a Compostella o a quello di San Pietro a Roma o a quello di San Francesco ad Assisi. Quanti sono oggi gli uomini e le donne che hanno visitato il San Francesco ad Assisi, in vista del perdono dei loro peccati, e giustamente, perché glorioso appare il santo nel nostro tempo e perché gloriosa e bellissima e spaziosa è la sua chiesa che il Signore nostro papa Innocenzo IV dotò ed arricchì di grandi privilegi e molti tesori. E così devono essere le chiese di tanti santi, che cioè l'animo goda nell'andarvi in visita, fermarvisi e anche nel voler ritornarvi frequentemente» ("Archivium Franciscanum Historicum", 1908, 653).
Dignità liturgica e giuridica nonché funzione pastorale della Basilica di Assisi sono emanazione della "presenza fisica" e "potenza taumaturgica" del santo sepolto nel suo grembo (P. Brown, Il culto dei santi, Torino 1983, 122-177). Non sono le indulgenze concesse a pie pratiche nel luogo (spesso anche in funzione finanziaria) che ne costituiscono la ragion d'essere ma l'incontro con l'eminente Santo là sepolto.
Ad Assisi, i compagni della prima ora, la nobile romana Jacopa dei Settesoli, vi sono sepolti volendo rimanere anche in morte accanto al Patriarca. Oringa Menabuoi facendovi nel 1279 esperienza d'incubazione (dormendo nel Santuario ha ottenuto rivelazioni e guarigioni) vi ebbe la visione della Gerusalemme celeste. Angela da Foligno, convertita e confessata nel duomo di Foligno (1285) ebbe in basilica la celebre visione del Cristo parlante dalla vetrata istoriata (1291), venuta ad Assisi per chiedere personalmente al Santo la grazia dell'imitazione nella povertà evangelica. Quanto la chiesa di San Francesco costituisse il polo spirituale primario di ogni anima francescana lo rivela poi il fatto della mistica partecipazione di Chiara d'Assisi alla liturgia ivi cantata nella notte di Natale del 1252, ultimo della sua vita.
Tutte le chiese cristiane sono luoghi della presenza santa di Dio e dei suoi santi. Quella di Assisi è "la" chiesa dedicata a colui che il Crocifisso di San Damiano aveva mandato a ricostruire la "chiesa in rovina". Lo ricordava Gregorio IX nella suddetta bolla di fondazione: «Ricordando come la santa piantagione dell'ordine dei frati minori incominciò e meravigliosamente crebbe, sotto il beato Francesco di santa memoria, spandendo ovunque, per grazia di Gesù Cristo, i fiori e il profumo di una vita santa, così che il decoro della santa religione sembra venire dall'ordine sopraddetto; ci è sembrata cosa degna e conveniente che per reverenza verso lo stesso padre venga edificata ma "specialis ecclesia" nella quale si debba deporre il suo corpo».
San Bonaventura esprime con queste parole l'opera di ricostruzione che Francesco aveva compiuto in sé per mettersi in forma di fronte ai destinatari della sua parola intesa a restaurare la chiesa viva del tempo: «[Francesco] come una pietra destinata all'edificio della Gerusalemme celeste, era stato squadrato dai colpi della prova, per mezzo delle sue molte e tormentose infermità, e come materia duttile, era stato ridotto all'ultima perfezione sotto il martello di numerose tribolazioni» (Leggenda maggiore 14, 3: FF 1239).
Ad Assisi il "santuario" è in primis Francesco, costruito sul modello evangelico del Verbo incarnato e crocifisso, il "tempio cristiano" cristiano per antonomasia (Mt 26,61). Ogni tempio di pietra è funzionale alla costruzione del tempio vivo che è l'umanità che accoglie il Verbo. Insegnava in una omelia Agostino di Ippona: «la dedicazione della casa di preghiera è la festa della nostra comunità. Questo edificio è divenuto la casa del nostro culto. Ma noi stessi siamo casa di Dio. Veniamo costruiti in questo mondo e saremo dedicati solennemente alla fine dei secoli. Quello che qui avveniva mentre questa casa s'innalzava, si rinnova per i credenti in Cristo... Quando vengono catechizzati, battezzati, formati, sono come sgrossati, squadrati, levigati fra le mani degli artigiani e dei costruttori» (Sermone 336, PL 38,1471).
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.
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