venerdì 30 settembre 2016

Settimo giorno della "Novena di san Francesco 2016" nella Basilica di Assisi: Le opere di Misericordia: Prendersi cura delle persone

Basilica Papale di San Francesco in Assisi
Frati Minori Conventuali

Novena in preparazione alla festa del Padre Serafico

MISERICORDIOSI COME IL PADRE
LE OPERE DI MISERICORDIA

predicazione di p. Gianni Cappelletto, OFMConv.

Settimo giorno: venerdì 30 settembre 2016

Prendersi cura delle persone

«È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli. Riscopriamo le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti» (MV 15).    
Siamo entrati in questa Basilica varcando la “Porta Santa della Misericordia”, accompagnati da san Francesco che ci ha augurato: «Entra, e vedrai cose meravigliose!». 
Le meraviglie che abbiamo potuto contemplare in questi giorni della Novena sono state prima “i luoghi della misericordia” (oltre alla Porta, il Confessionale e l’Altare) e poi i volti che incarnano – con prospettive e colori diversi – il “Padre delle misericordie” (cf 2Cor 1, 3): Gesù, il Crocifisso Risorto; Maria, Madre di misericordia; alcuni Santi che hanno sperimentato e testimoniato la tenerezza misericordiosa di Dio (Maria Maddalena, Martino di Tours, Antonio di Padova).    

Roberto Joos, Francesco e il lebbroso (1982)
Ora per la stessa Porta Santa usciamo per cercare di essere – secondo le nostre possibilità – icone viventi di quanto abbiamo contemplato qui in Basilica, secondo la logica evangelica del “gratuitamente avete ricevuto misericordia e perdono – gratuitamente donate misericordia e perdono” e secondo la logica pasquale del chicco di grano che accetta di morire perché altri abbiano la vita … e questi “altri” sono tutte le persone escluse da una società che vive secondo la logica del “prendere e mangiare” per sé, la logica dell’accaparramento e del profitto che miete sempre nuove vittime, quali i poveri, i malati, i rifugiati, gli anziani abbandonati, i bambini sfruttati … tutte persone che vengono “scartate” perché improduttive.    
Illuminati dall’esempio di san Francesco, abbiamo sperimentato in vario modo la misericordia del nostro Dio; ora – da autentica “Chiesa in uscita” – diventiamo a nostra volta misericordiosi: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» è, infatti, il motto del Giubileo che stiamo vivendo.  

Per diventare misericordiosi come il Padre, siamo invitati a incarnare quello che papa Francesco chiama “lo spirito del buon samaritano”.    
Gino Covili, Il bacio al lebbroso (1992/93)
Infatti, quando l’8 dicembre dello scorso anno ha ufficialmente aperto l’anno giubilare, il Papa si è augurato che la Chiesa intera sappia andare incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo «facendo propria la misericordia del buon samaritano». Alla stessa parabola Francesco aveva fatto riferimento anche un mese prima parlando, a Firenze, alla Chiesa italiana riunita in Convegno, riconoscendo con gratitudine che «lo spirito del buon samaritano» ha dato volto concreto alla carità di tanti santi italiani, tra i quali primeggia san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia e ispiratore di molte “opere di carità” a favore dei poveri e dei lebbrosi di ogni epoca.  
È lo stesso san Francesco, infatti, nel suo Testamento, a far riferimento proprio alla parabola del buon samaritano nel rileggere il suo primo vero incontro con i lebbrosi (FF 110). Sappiamo che molte volte li aveva evitati: come il sacerdote e il levita della parabola lucana, li vedeva sì, ma preso dalla paura e dal ribrezzo che gli suscitavano, passava oltre allontanandosi in fretta. Un giorno, però, spinto dalla grazia del Signore, ne incontrò uno nella piana di Assisi, verso Rivotorto: lo vide e finalmente “non passò oltre”: «gli usai misericordia» - commenta Francesco riecheggiando la risposta del maestro della legge che aveva chiesto a Gesù: “Chi è il mio prossimo?” (cf Lc 10, 25-37). E la misericordia messa in atto da Francesco è descritta dal suo primo biografo, il Celano, in questi termini: scese da cavallo, gli si accostò, gli baciò la mano infetta, gli diede un denaro (FF 592; 1034).

Piero Casentini, San Francesco e il lebbroso
Esperienza che ha radicalmente cambiato il giovane Francesco: «Quello che mi sembrava amaro – scrive nel Testamento – mi fu cambiato in dolcezza d’anima e di corpo». E di lì a poco scese verso il lebbrosario per aiutare chi – come lui – era stato toccato dalla compassione verso quelle persone, considerate gli scarti da tenere lontani. Il Poverello di Assisi ha avuto il coraggio – sull’esempio del buon samaritano – di permettere alla compassione presente in lui, di uscire allo scoperto … e si è ritrovato non “eroe per un giorno” quanto “per sempre” cristiano autentico. La compassione (o misericordia) di cui tutti siamo impastati non è un vago sentimento, non è un buonismo che ci affascina per un istante, ma è una scelta – uno stile di vita: quello del sentirci responsabili anche del bene degli altri oltre che del proprio, quello di non restare indifferenti né di scappare di fronte a chi – pure oggi – è bastonato a morte dai briganti che sono lasciati a piede libero anche dalla giustizia umana … ma di provare almeno a metterci nei loro panni: se succedesse a me di trovarmi “mezzo morto” e “abbandonato” sul ciglio della strada, cosa mi aspetterei da chi mi passa accanto? Fai agli altri – ci ammonisce Gesù – quello che desideri sia fatto a te in quella situazione (cf. Lc 6, 31).  

Sergio Albano, San Francesco bacia il lebbroso
È in nome di questa “regola d’oro” che molti – anche non cristiani o poco praticanti – si impegnano oggi con gesti di concreta carità a favore di persone “percosse a sangue” e abbandonate, “scartate”, direbbe papa Francesco. Segni concreti e belli di cui ringraziare il Signore perché ci confermano che l’indifferenza non regna sovrana: c’è ancora spazio nel cuore e nelle mani di molti per le “opere di misericordia corporale e spirituale”, gesti di bontà che rendono più umano il nostro vivere prendendosi cura di quella parte di umanità alla quale è rubato tutto – a cominciare dalla dignità di essere persone con un volto e un nome.    
Noi cristiani sperimentiamo ogni giorno la compassione che il Signore Gesù usa verso di noi: è Lui il nostro “buon samaritano”: vede le nostre ferite, non è preso dal panico né resta indifferente, ma vi versa continuamente «l’olio della consolazione e il vino della speranza» (Prefazio comune VIII).
Se anche questa sera siamo qui è perché tutti – in vario modo – abbiamo sperimentato la vicinanza del Signore: ci ritroviamo sì tutti feriti nel corpo e nello spirito, ma siamo riconoscenti perché Lui – mediante la sua Parola e il suo Corpo e grazie a gesti di compassione da parte di altre persone – si fa nostro compagno di viaggio per curarci, sostenerci, infonderci fiducia e speranza con cui ci testimonia: “Tu mi stai a cuore!”. Da qui il nostro grazie si fa restituzione ad altri della bontà e compassione ricevuta.  
Cecilia Ravera Oneto, San Francesco e il lebbroso (part.)
Molto dipende da noi: possiamo, come il sacerdote e il levita della parabola, far morire in noi la compassione mettendoci sopra la pietra tombale della paura e dell’indifferenza … oppure possiamo – ispirati dal buon samaritano e sull’esempio di san Francesco – far spazio alla compassione aprendoci con umiltà e coraggio alla vita con gesti semplici e discreti che si prendono cura della vita mortalmente ferita “nel corpo e nello spirito” di chi ci vive accanto o incontriamo sul nostro cammino. Con l’attenzione che, nelle nostre opere l’oggetto specifico della misericordia è la stessa vita umana nella sua totalità. Per questo, quel che ci sta a cuore è l’umanizzazione delle persone e delle relazioni che si instaurano tra esse. L’aveva già segnalato Giovanni XXIII qualche giorno prima di morire: «Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l’uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere anzitutto e dovunque i diritti della persona umana e non solamente quelli della Chiesa cattolica. 


Norberto, Francesco e il lebbroso
Non è il Vangelo che cambia: siamo noi che incominciamo a comprenderlo meglio … È giunto il momento di riconoscere i segni dei tempi, di cogliere l’opportunità e di guadare lontano». Per vivere quanto indicato è necessario riscoprire il meglio della nostra umanità, cioè lasciar spazio alla compassione e alla tenerezza di cui siamo plasmati per «dilatare il nostro cuore alla misura del cuore stesso di quel Padre misericordioso rivelatoci dalle parole e dai gesti del Signore Gesù» (Semeraro, in: "Credere" del 17 luglio 2016, pp. 39-45, passim) e testimoniato dalle scelte di tanti nostri Santi. «In un tempo come il nostro in cui ogni giorno siamo chiamati a misurarci con il rischio di una crescente disumanizzazione» e di un imbarbarimento delle relazioni tra singoli e tra stati, «frutti di un egoismo e di una paura che crescono e contaminano, diventare capaci di misericordia significa ridare spazio al meglio della nostra umanità» (Semeraro). E questo richiede l’intelligenza capace di leggere e valutare la realtà, il coraggio di compromettersi anche remando contro corrente rispetto al pensare comune, la tenacia che non ci fa girare dall’altra parte di fronte ai primi insuccessi o alle immancabili contestazioni.  

“Va’, e anche tu fa’ così!” – ci chiede questa sera il Signore Gesù: “gratuitamente hai ricevuto misericordia – gratuitamente rimetti in circolazione la compassione”. Ci sostenga, nel desiderio di far nostro lo “spirito del buon samaritano” – ci sostenga e ci illumini l’esempio di san Francesco al quale affidiamo la nostra preghiera. 


Preghiera di Papa Francesco 
per il Giubileo della Misericordia 

Signore Gesù Cristo, 
tu ci hai insegnato a essere misericordiosi come il Padre celeste, 
e ci hai detto che chi vede te vede Lui. 
Mostraci il tuo volto e saremo salvi. 
Il tuo sguardo pieno di amore liberò Zaccheo e Matteo dalla schiavitù del denaro; 
l’adultera e la Maddalena dal porre la felicità solo in una creatura; 
fece piangere Pietro dopo il tradimento, e assicurò il Paradiso al ladrone pentito. 
Fa’ che ognuno di noi ascolti come rivolta a sé la parola che dicesti alla samaritana: 
Se tu conoscessi il dono di Dio! 
Tu sei il volto visibile del Padre invisibile, 
del Dio che manifesta la sua onnipotenza 
soprattutto con il perdono e la misericordia: 
fa’ che la Chiesa sia nel mondo il volto visibile di Te, 
suo Signore, risorto e nella gloria. 
Hai voluto che i tuoi ministri fossero anch’essi rivestiti di debolezza 
per sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore: 
fa’ che chiunque si accosti a uno di loro si senta atteso, amato e perdonato da Dio.
Manda il tuo Spirito e consacraci tutti con la sua unzione 
perché il Giubileo della Misericordia sia un anno di grazia del Signore 
e la tua Chiesa con rinnovato entusiasmo 
possa portare ai poveri il lieto messaggio 
proclamare ai prigionieri e agli oppressi la libertà 
e ai ciechi restituire la vista. 

Lo chiediamo per intercessione di Maria Madre della Misericordia 
a te che vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo 
per tutti i secoli dei secoli. Amen.


* * *


Salve, Sancte Pater, patriae lux, forma Minorum. 
Virtutis speculum, recti via, regula morum: 
Carnis ab exilio duc nos ad regna polorum. 

(Salve, Padre santo, luce della patria, modello per i Frati Minori. Specchio di virtù, via verso ciò che è retto, regola di vita. Dall'esilio della carne, conducici al regno dei cieli).

Dio onnipotente 
tu hai chiamato Francesco nella via povera e umile 
a rassomiglianza di Gesù crocifisso: 
concedi a noi di seguire il suo esempio 
nella libertà dei figli di Dio 
nella gioia dei cuori semplici 
nello stupore per le tue creature. 
Per Cristo nostro Signore. 


A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

«La conquista della felicità sta nel rifiutare il troppo». Il messaggio di san Francesco secondo Carlo Sini

L'edizione 2015 del Meeting di Rimini ha ospitato un incontro sul tema "L'uomo: essere di mancanza" dove sono intervenuti Eugenio Mazzarella, docente di Filosofia Teoretica all’Università Federico II di Napoli, e Carlo Sini, professore Emerito di Filosofia Teoretica all’Università di Milano, moderati da Costantino Esposito, docente di Storia della Filosofia all’Università di Bari.  

Rimasi affascinato dal lungo riferimento a san Francesco con cui il prof. Sini rispose ad un certo punto alla domanda del conduttore: Possiamo leggere la mancanza come un segno? E, soprattutto, di che cosa essa alla fine sarebbe segno? E il Sini portò un esempio “noto a tutti” citando la storia di un mercante, Pietro di Bernardone e del figlio Francesco, la domanda del primo: "cosa ci manca?", e la risposta del secondo: "cosa abbiamo di troppo", fino a concludere che per Francesco la conquista della felicità sta nel rifiutare il troppo: "Lui sì che può ballare e cantare, perché lui ha recuperato a modo suo la condizione dei gigli del campo, che non tessono e non filano, ha recuperato la condizione degli uccelli, che non lavorano. Lui dice ai suoi fratelli, appunto, ricordando queste immagini del Vangelo: “Perché vi preoccupate? Se dà modo anche agli uccellini di tirare sera, volete che non ci sarà modo anche per noi?”.

Ma a questo punto, per chi fosse interessato o comunque incuriosito, inserisco il video dell’incontro in cui la risposta del Sini si trova a partire dal minuto 30:00


Insieme al video nella pagina del sito del Meeting dedicata all'incontro si trova anche la trascrizione dell’intero incontro.

A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

giovedì 29 settembre 2016

Sesto giorno della "Novena di san Francesco 2016" nella Basilica di Assisi: I volti della misericordia: Santi della Misericordia

Basilica Papale di San Francesco in Assisi
Frati Minori Conventuali

Novena in preparazione alla festa del Padre Serafico

MISERICORDIOSI COME IL PADRE
I VOLTI DELLA MISERICORDIA

predicazione di p. Gianni Cappelletto, OFMConv.

Sesto giorno: giovedì 29 settembre 2016

Santi della misericordia


«La Chiesa vive la comunione dei Santi. Nell’Eucaristia questa comunione, che è dono di Dio, si attua come unione spirituale che lega noi credenti con i Santi e i Beati il cui numero è incalcolabile (cfr Ap 7,4). La loro santità viene in aiuto alla nostra fragilità, e così la Madre Chiesa è capace con la sua preghiera e la sua vita di venire incontro alla debolezza di alcuni con la santità di altri» (MV 22).    
I Santi, afferma papa francesco, sono quei credenti «che si sono lasciati ricreare il cuore dalla misericordia» e che «hanno fatto della misericordia la loro missione» (MV 24). Nel messaggio ai giovani per la GMG vissuta a Cracovia a fine luglio e durante la stessa esperienza, il papa ha ricordato in modo particolare Santa Faustina Kowalska, «la grande apostola della misericordia» (MV 24) e San Giovanni Paolo II che – specialmente con la sua enciclica Dives in Misericordia – indicava a tutta la Chiesa «l’urgenza di annunciare e testimoniare la misericordia nel mondo contemporaneo» (MV 11).

Io vorrei proporvi una riflessione su tre santi che – per l’importanza che hanno avuto per san Francesco o per l’Ordine francescano – sono ricordati in questa Basilica con una cappella dedicata a loro. Si tratta di: 
  • Maria Maddalena – prima cappella alla mia sinistra, cominciando dall’altare; 
  • Antonio di Padova – cappella subito dopo, al centro della navata; 
  • Martino di Tours – prima cappella, entrando nella navata, sulla mia destra. 
Presentandoli in successione storica, ne ricavo questo itinerario: 
  • Maria Maddalena è icona della misericordia accolta dal Signore; 
  • Martino di Tours è per tutti richiamo della misericordia donata a nome di Dio; 
  • Antonio di Padova è il frate che con la predicazione e i gesti concreti ha testimoniato e annunciato la misericordia del Signore.  

MARIA MADDALENA è stata cara a san Francesco perché, accanto alla chiesetta a lei dedicata e tutt’ora esistente tra Rivotorto e Santa Maria, c’era uno dei lebbrosari in cui il nostro santo e i primi frati usavano misericordia ai lebbrosi. Ma la Maddalena era cara al Poverello di Assisi anche perché – come ricorda la Legenda Perugina – gli richiamava l’amica “Frate Jacopa”: «Jacopa – dice la fonte citata – era una donna spirituale, vedova, devota a Dio, una delle più nobili e ricche signore di Roma. Per i meriti e la predicazione di Francesco ella aveva avuto da Dio tanta grazia da sembrare quasi una seconda Maddalena, teneramente devota fino alle lacrime» (FF 1657).    

Giotto e bottega, Storie della Maddalena (1307-1308)
La cena a case dal fariseo
Assisi, Basilica di S. Francesco,
chiesa inferiore, cappella della Maddalena
Il ciclo pittorico presente nella cappella a lei dedicata, fa convergere sulla Maddalena – seguendo le indicazioni di papa Gregorio Magno – esperienze di perdono o di tenerezza femminile che i Vangeli attribuiscono a donne diverse, come quella della peccatrice anonima che, in casa del fariseo Simone, viene perdonata da Gesù dei suoi molti peccati perché molto ha amato (cf. Lc 7,48); pure l’adultera salvata da Gesù dalla lapidazione e poi perdonata viene scambiata con Maria di Magdala (cf. Gv 8,1-11); infine, la cosiddetta “unzione di Betania” che vede protagonista Maria sorella di Marta e Lazzaro viene accostata alla Maddalena (cf. Gv 12,1-8).     
Quest’ultima, in verità, ha fatto – secondo i Vangeli – esperienza della misericordia del Signore in due momenti: 
  • quando ha conosciuto per la prima volta Gesù, questi l’ha guarita da ben sette demoni, espressione che indica una persona completamente schiava del male: senza specificare di che male si tratta, l’evangelista Luca vuol sottolineare la forza della parola di Gesù capace di liberare da tutto ciò che impedisce ad una persona di pensare e agire in piena libertà (cf Lc 8,1-3); 
Giotto e bottega, Storie della Maddalena (1307-1308)
"Noli me tangere"
Assisi, Basilica di S. Francesco,
chiesa inferiore, cappella della Maddalena
  • altro momento in cui la Maddalena ha sperimentato la misericordia del Signore è stato quando si è recata, piangendo, al sepolcro di Gesù e l’ha trovato vuoto; il successivo dialogo con quello che lei riteneva il custode del giardino termina con il sentirsi chiamare affettuosamente per nome – e perciò riconosce il Signore – e nel sentirsi affidare la missione di annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» (cf. Gv 20,11-18); per questo la Maddalena è denominata dalla tradizione “apostola degli apostoli”, motivo per cui papa Francesco ha recentemente stabilito che la celebrazione liturgica della Santa (22 luglio) sia elevata a grado di festa: «La decisione – si precisa nel decreto – si iscrive nell’attuale contesto ecclesiale, che domanda di riflettere più profondamente sulla dignità della donna, la nuova evangelizzazione e la grandezza del mistero della misericordia divina».  
Simone Martini, San Martino divide il suo mantello con un povero (1317 ca)
Assisi, Basilica di S. Francesco, chiesa inferiore, cappella di S. Martino
Dalla misericordia accolta della Maddalena alla misericordia donata con san MARTINO DI TOURS: quando era ancora soldato romano, tagliò il suo mantello e ne diede metà ad un mendicante … come molto tempo dopo fece il giovane Francesco che diede l’intero suo mantello a un cavaliere caduto in miseria. «Ambedue, Martino e Francesco – annota il Celano – per aver adempiuto il comando di Cristo» di vestire gli ignudi, «hanno meritato di essere – in visione – visitati da Cristo, che lodò il primo per la perfezione raggiunta e invitò con grandissima bontà il secondo (Francesco) a compiere in se stesso quanto ancora gli mancava» (FF 585). 

Cesare Sermei e coll., Sant'Antonio e frate Elia di fronte a Gregorio IX (1610)
Assisi, Basilica di S. Francesco, chiesa inferiore, cappella di S. Antonio
Di sant’ANTONIO DI PADOVA mi pare non ci sia stato tramandato un gesto simile a quello fatto da Francesco prima della conversione a imitazione di quello compiuto da San Martino – icona che ha ispirato molti cristiani a incamminarsi sulla strada delle opere di misericordia. Eppure, il Santo portoghese, giunto in Italia per seguire la proposta di vita del Poverello di Assisi, è stato – specie a Padova – evangelizzatore e testimone della misericordia divina. Se misericordia è – come afferma papa Francesco – responsabilità del prendersi cura di chi è nel bisogno e da solo non ce la fa a rendere umanamente dignitosa la vita propria e dei suoi familiari, frate Antonio l’ha vissuta percorrendo due strade: 
  • quella dell’attenzione ai poveri, specie a quelli sfruttati dagli usurai del tempo: è registrato nel libro del Comune di Padova il suo intervento per mitigare la legge che prevedeva il carcere duro e la confisca dei beni per chi non pagava i debiti … e – insieme – quella dell’attenzione ai carcerati: famoso è l’intervento del frate francescano Antonio presso il tiranno Ezzelino da Romano perché lasciasse liberi alcuni cittadini di Padova da lui incarcerati solo per togliere di mezzo concorrenti politici; 
  • l’altra strada percorsa da Antonio è quella della evangelizzazione e della predicazione: annunciava in modo così profondo e affascinante la misericordia e il perdono di Dio che molti ascoltatori si fermavano fino a notte fonda pur di potersi confessare da quel frate o da un suo confratello.  
Cesare Sermei e coll., Sant'Antonio predica davanti a Gregorio IX (1610)
Assisi, Basilica di S. Francesco, chiesa inferiore, cappella di S. Antonio
Sintetizzando dai suoi Sermoni, appare evidente che per sant’Antonio, la misericordia di Dio ci è, prima di tutto, ricordata dalla nascita e dalla morte in croce di Gesù:
«Considera che la misericordia del Signore si manifesta nell’incarnazione di Cristo e nella sua passione. Quindi dobbiamo avere davanti agli occhi della mente la misericordia, cioè l’incarnazione e la passione di Gesù, perché rendono umili gli occhi della nostra superbia» (XVI dopo Pentecoste, 8). 
In secondo luogo, Gesù manifesta la sua misericordia facendosi nostro amico:  
Cesare Sermei e coll., Il miracolo della mula (1610)
Assisi, Basilica di S. Francesco, chiesa inferiore, cappella di S. Antonio
«Il vero amico nostro è Gesù Cristo, che ci ha amati tanto da dare la sua vita per noi. Pensa quale amico fedele sarebbe colui che, vedendoti in punto di morte, si offrisse per te e prendesse volentieri su di sé la tua malattia e la tua morte!  Gesù Cristo, con gli occhi della sua misericordia, guardò fisso il genere umano malato, e questo fu il segno della nostra salvezza; si avvicinò a noi, prese su di sé la nostra infermità, salì sulla croce, e lì nel fuoco ardente della sua passione consumò e distrusse i nostri peccati.  Fu dunque veramente nostro amico» (Litanie, 2). 
Alla luce di questa predicazione, comprendiamo perché per Sant’Antonio di Padova il sacramento della confessione sia la “casa di Dio” in cui avviene un “parto spirituale”:  
«le ostetriche sono figura del sacerdote, che deve assistere e aiutare i peccatori che si confessano. La mano del Signore è il sacerdote: con essa dev’essere estratto dal peccatore il serpente, cioè l’uomo vecchio, perché sia poi in grado di partorire l’uomo nuovo» (VII dopo Pasqua, 16).   
Misericordia accolta dal Signore come ha fatto la Maddalena; 
Misericordia donata a nome di Dio con lo stile di Martino; 
Misericordia vissuta e predicata sull’esempio di Antonio di Padova:  
il Signore ci conceda di percorrere questo “pellegrinaggio della misericordia” per intercessione di questi nostri Santi e del Serafico padre San Francesco.   


Preghiera di Papa Francesco 
per il Giubileo della Misericordia 

Signore Gesù Cristo, 
tu ci hai insegnato a essere misericordiosi come il Padre celeste, 
e ci hai detto che chi vede te vede Lui. 
Mostraci il tuo volto e saremo salvi. 
Il tuo sguardo pieno di amore liberò Zaccheo e Matteo dalla schiavitù del denaro; 
l’adultera e la Maddalena dal porre la felicità solo in una creatura; 
fece piangere Pietro dopo il tradimento, e assicurò il Paradiso al ladrone pentito. 
Fa’ che ognuno di noi ascolti come rivolta a sé la parola che dicesti alla samaritana: 
Se tu conoscessi il dono di Dio! 
Tu sei il volto visibile del Padre invisibile, 
del Dio che manifesta la sua onnipotenza 
soprattutto con il perdono e la misericordia: 
fa’ che la Chiesa sia nel mondo il volto visibile di Te, 
suo Signore, risorto e nella gloria. 
Hai voluto che i tuoi ministri fossero anch’essi rivestiti di debolezza 
per sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore: 
fa’ che chiunque si accosti a uno di loro si senta atteso, amato e perdonato da Dio.
Manda il tuo Spirito e consacraci tutti con la sua unzione 
perché il Giubileo della Misericordia sia un anno di grazia del Signore 
e la tua Chiesa con rinnovato entusiasmo 
possa portare ai poveri il lieto messaggio 
proclamare ai prigionieri e agli oppressi la libertà 
e ai ciechi restituire la vista. 

Lo chiediamo per intercessione di Maria Madre della Misericordia 
a te che vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo 
per tutti i secoli dei secoli. Amen.


* * *


Salve, Sancte Pater, patriae lux, forma Minorum. 
Virtutis speculum, recti via, regula morum: 
Carnis ab exilio duc nos ad regna polorum. 

(Salve, Padre santo, luce della patria, modello per i Frati Minori. Specchio di virtù, via verso ciò che è retto, regola di vita. Dall'esilio della carne, conducici al regno dei cieli).

Dio onnipotente 
tu hai chiamato Francesco nella via povera e umile 
a rassomiglianza di Gesù crocifisso: 
concedi a noi di seguire il suo esempio 
nella libertà dei figli di Dio 
nella gioia dei cuori semplici 
nello stupore per le tue creature. 
Per Cristo nostro Signore. 


A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

mercoledì 28 settembre 2016

Quinto giorno della "Novena di san Francesco 2016" nella Basilica di Assisi: I volti della misericordia: Maria, Madre di Misericordia

Basilica Papale di San Francesco in Assisi
Frati Minori Conventuali

Novena in preparazione alla festa del Padre Serafico

MISERICORDIOSI COME IL PADRE
I VOLTI DELLA MISERICORDIA

predicazione di p. Gianni Cappelletto, OFMConv.

Quinto giorno: mercoledì 28 settembre 2016

Maria, Madre di Misericordia

«La dolcezza del suo sguardo ci accompagni in questo Anno Santo, perché tutti possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio. Nessuno come Maria ha conosciuto la profondità del mistero di Dio fatto uomo. Tutto nella sua vita è stato plasmato dalla presenza della misericordia fatta carne. La Madre del Crocifisso Risorto è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore» (MV 24).    
«La Madre del Crocifisso Risorto è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore»: con queste parole papa Francesco inizia a parlare – nella bolla di indizione del Giubileo (n. 24) – della Vergine Maria come “Madre della Misericordia”, cioè come Madre di Gesù, il Figlio di Dio che ha incarnato il volto di misericordia del Padre. 

Ma prima di diventare Madre, la Vergine di Nazaret ha sperimentato di essere “Figlia” della misericordia divina. Lo afferma Lei stessa nel suo Cantico, il Magnificat, ove riconosce che il Signore «ha guardato all’umiltà della sua serva». Maria ha percepito questo sguardo di misericordia in particolare quando l’Angelo le ha chiesto – a nome di Dio – se accettava di diventare Madre del Figlio dell’Altissimo secondo le modalità scelte dal suo Creatore, cioè rimanendo vergine. Se – come afferma papa Francesco – misericordia è la “responsabilità di Dio” che si prende cura e desidera il bene di ogni persona, allora possiamo legittimamente affermare che proprio nell’annunciazione la Vergine Maria abbia sperimentato la delicatezza e la tenerezza di Dio nei suoi confronti: si sta prendendo cura di Lei, giovane donna di un paese ritenuto allora insignificante, con la proposta di una maternità che solo Lui – Dio – poteva realizzare in quel modo. 
Lo sguardo dell’Eterno è stato così profondo e affascinante che non solo ha suscitato il sì di Maria, ma ha anche reso questa sua “umile serva” capace di guardare a se stessa e alla storia umana in modo completamente nuovo perché avvolta dal manto della misericordia del suo Signore. Una storia – come canta Maria nel Magnificat – che non è nelle mani dei prepotenti di turno ma di quell’Onnipotente che si prende cura degli umile e degli affamati – cioè di ogni persona nel bisogno fisico e spirituale – concedendo anche a loro l’opportunità di vivere in modo dignitoso: “rovesciare i potenti dai troni e innalzare gli umili” non va inteso – a parere mio – in senso marxista di una classe (gli umili) che per vivere ha bisogno di eliminare chi la sta sfruttando (i potenti), ma nel senso che Dio si impegna – nelle modalità e nei tempi che appartengono al suo “disegno di salvezza” – a garantire pari opportunità a tutti, essendo tutti figli suoi amati e perciò cercati con la costanza del pastore che rintraccia la pecorella smarrita o della donna che spazza la casa per ritrovare la moneta che ha perso (cf. Lc 15,1-10). Tutto questo per estendere la sua misericordia come responsabilità da Abramo e la sua discendenza a tutte le generazioni di coloro che lo temono, che cioè si affidano alla sua bontà.  

Maestri romani, Storie del Nuovo Testamento
Le nozze di Cana 
(1288-1290 ca)
Assisi, Basilica di S. Francesco, chiesa superiore, navata
Se siamo convinti che questa è l’esperienza base che qualifica il cammino spirituale della Vergine Maria, comprendiamo perché da Madre della Misericordia diventi Madre di misericordia. Questo passaggio, la Madre di Gesù l’ha vissuto in modo particolare a Cana ove pure Lei ha incarnato la misericordia come “responsabilità che si prende cura” di una situazione quasi disperata: «Non hanno più vino!» (cf. Gv 2,1-12). In quell’occasione la responsabilità (o misericordia) di Maria si è espressa  
  • come attenzione verso chi ha perso la gioia del vangelo e il gusto di vivere simboleggiati nella mancanza di vino;
  • come intercessione che porta i bisogni a chi sa può far qualcosa, suo figlio Gesù;
  • come coraggio di far uscire quest’ultimo allo scoperto, dicendo ai servi: «Quello che vi dirà, fatelo» … perché qualcosa vi dirà di certo: ne sono convinta perché sono sua madre!  
È fidandoci della misericordia o responsabilità che Maria ha nei nostri confronti come “figli suoi nel Figlio suo” che la invochiamo con il canto del “Salve Regina, Madre di misericordia”: ci rivolgiamo a Lei «perché rivolga a noi quegli occhi suoi misericordiosi» con le parole del beato Ermanno di Reichenau, monaco tedesco dell’XI secolo che, colpito da grave malattia che gli impediva di muoversi, guardava alla Madonna come «vita dolcezza e speranza nostra».

Cimabue, Madonna col Bambino, angeli e san Francesco (1277-1280?)
Assisi, Basilica di S. Francesco, chiesa inferiore, transetto settentrionale
Possiamo supporre che anche san Francesco abbia guardato alla Vergine Maria in questo modo, dal momento che l’ha invocata e cantata con straordinario affetto e che ha scelto di vivere per anni accanto ad una chiesetta a lei dedicata – Santa Maria degli Angeli – per la quale ottenne – secondo la tradizione già nel 1216, quindi 800 anni fa – la grazia detta del “Perdono d’Assisi”. E San Bonaventura tra i miracoli operati da Francesco ormai santo, narra quello di una donna abitante nella zona di Arezzo che – in punto di morte mentre stava partorendo – invocò l’aiuto del Poverello di Assisi che poi - in sogno - «le parlava dolcemente e le chiedeva se riconoscesse il suo volto e se sapesse recitare in onore della Vergine gloriosa l’antifona “Salve, regina di misericordia”. La donna rispose che lo riconosceva e che sapeva quella preghiera. E allora il Santo: “Incomincia la sacra antifona, e prima di terminarla, partorirai felicemente”. Mentre supplicava quegli “occhi misericordiosi” e menzionava il “frutto” del suo seno verginale, la donna, liberata da ogni angoscia, partorì un bel bambino. Rese dunque grazie alla “Regina della misericordia” che, per i meriti del beato Francesco, si era degnata d’aver misericordia di lei» (FF 1298).   

Dono Doni, Madonna della misericordia (1560 ca.)
Assisi, Basilica di S. Francesco, Museo del Tesoro
La pietà popolare successiva a san Francesco si è appassionata talmente a Maria “fonte di misericordia” da immaginarla – e dipingerla – in piedi, con sguardo accogliente e braccia aperte a sostenere il mantello (detto anche “mantello della misericordia”) sotto il quale tutti cercavano rifugio: anziani e giovani, poveri e ricchi, sacerdoti e laici, segno di fratellanza sociale e invocazione di un sostegno per affrontare carestie, pestilenze e la violenza della guerra. Tale icona riecheggia la prima antifona mariana risalente al II° secolo e da noi conosciuta come “Sub tuum praesidium”:
Sotto la tua protezione troviamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o vergine gloriosa e benedetta.  





Sub tuum praesidum
Musica di Marco Frisina

Papa Francesco, in una delle riflessioni proposte ai sacerdoti ai primi di giugno, ha così commentato: «Non abbiate vergogna di aggrapparvi al manto della Madonna: state lì senza fare grandi discorsi e lasciatevi coprire dal suo manto e avvolgere dal suo sguardo» misericordioso. Così imparerete a guardare a voi stessi, agli altri e alla storia umana con il suo sguardo: 
  • sguardo di tenerezza che accoglie, che si fa grembo che custodisce e genera vita … non sguardo di chi giudica e allontana; 
  • sguardo che sa tessere, con il filo sottile dell’umanità che incontra, la vera immagine di Gesù in ogni figlio e figlia sua: con i fili della bontà e con quelli della miseria, tessere in modo tale che le persone si rinnovino recuperando la loro vera immagine, quella del oro Creatore e salvatore;  
  • sguardo che, accogliendo, sa suscitare fiducia e speranza con una parola che non umilia ma che sostiene e incoraggia … e con gesti di amicizia, di ospitalità e di solidarietà.
Pietro Lorenzetti, Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e Francesco (1315 ca)
Assisi, Basilica di S. Francesco, chiesa inferiore, cappella di S. Giovanni Battista
Soprattutto noi Religiosi siamo chiamati a far nostro tale “sguardo di misericordia” che ha caratterizzato la vita della Vergine Maria. Sapremo così testimoniare che la nostra scelta di “fare tutto quello che il Signore ci dirà” è il fondamento e il senso del nostro essere cristiani Consacrati. In proposito, papa Francesco chiudendo l’Anno della Vita Consacrata, il 2 febbraio scorso, ci ha chiesto di essere testimoni della “cultura dell’incontro”:  
I consacrati e le consacrate sono chiamati innanzitutto ad essere uomini e donne dell’incontro. La vocazione, infatti, non prende le mosse da un nostro progetto pensato “a tavolino”, ma da una grazia del Signore che ci raggiunge, attraverso un incontro che cambia la vita. Chi incontra davvero Gesù non può rimanere uguale a prima. Egli è la novità che fa nuove tutte le cose. Chi vive questo incontro diventa testimone e rende possibile l’incontro per gli altri; e si fa anche promotore della cultura dell’incontro, evitando l’autoreferenzialità che ci fa rimanere chiusi in noi stessi.   
In quella stessa occasione, è stata rivolta una letteraai consacrati e alle consacrate sparsi tra le genti” in cui si parla di «mistica degli occhi aperti»:  

  • è abitare la storia umana come delle sentinelle che pongono attenzione ai bisogni reali della gente; 
  • è essere capaci di vedere nell’altro il volto di Gesù Cristo che ha detto: ‘Quello che avete fatto all’altro, lo avete fatto a me’; 
  • è maturare la fiducia che Dio stia tenendo in mano anche questo tempo storico e in esso testimoniare il suo stile di misericordia.

Maria: «recipiente e fonte di Misericordia» l’ha definita papa Francesco. A lei ci rivolgiamo fiduciosi con il canto del “Salve, Regina” perché ogni giorno ci mostri e ci faccia incontrare il suo Figlio Gesù, volto della Misericordia del Padre, e ci dia la grazia di testimoniarla con il nostro stile di vita consacrata:


Salve, Regina, Mater misericordiae,
vita, dulcedo, et spes nostra, salve.
Ad te clamamus, exsules filii Evae,
ad te suspiramus, gementes et flentes 
in hac lacrimarum valle. 
Eia ergo, advocata nostra, illos tuos 
misericordes oculos ad nos converte. 
Et Jesum, benedictum fructum ventris tui, 
nobis, post hoc exilium, ostende. 
O clemens, O pia, O dulcis Virgo Maria.

(Salve, Regina, Madre di misericordia; vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A Te ricorriamo, noi esuli figli di Eva; a Te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lacrime. Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi. E mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del Tuo seno. O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria!)

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Salve, Sancte Pater, patriae lux, forma Minorum. 
Virtutis speculum, recti via, regula morum: 
Carnis ab exilio duc nos ad regna polorum. 

(Salve, Padre santo, luce della patria, modello per i Frati Minori. Specchio di virtù, via verso ciò che è retto, regola di vita. Dall'esilio della carne, conducici al regno dei cieli).

Dio onnipotente 
tu hai chiamato Francesco nella via povera e umile 
a rassomiglianza di Gesù crocifisso: 
concedi a noi di seguire il suo esempio 
nella libertà dei figli di Dio 
nella gioia dei cuori semplici 
nello stupore per le tue creature. 
Per Cristo nostro Signore. 

A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.