giovedì 22 settembre 2016

Qual è la vocazione di Assisi? Un interessante contributo di fr. José Antonio Merino del 1995

Il giorno 24 novembre 1995, nella Sala Romanica del Sacro Convento, il Padre Jose' Antonio Merino, OFM, Rettore dell'Antoniano in Roma, offriva questa riflessione nell'ambito di un Seminario di studio, in vista del grande Giubileo dell'anno 2000. 
Il successivo 1° gennaio, il testo che qui di seguito si pubblica veniva offerto - "manoscritto ad uso interno" - ai frati dello stesso Sacro Convento con questa premessa: «La lettura attenta meditata è invito a trovarci tutti insieme nella gratitudine e nel servizio attorno a Frate Francesco, nostro Padre e Fratello, e alla città di Assisi, patria spirituale dei Francescani sparsi nel mondo intero». 


Qual è la vocazione di Assisi

Le città come le persone hanno la loro propria storia e la loro irrinunciabile vocazione; al contrario saranno una massa anonima e collettività senza senso.

Ogni città è il risultato del destino di una grande e complessa comunità umana. Ci sono destini che si possono scegliere e sono frutto ed espressione di una volontà popolare e storica; e ci sono destini tragici che si impongono fatalmente a un popolo, come nel caso di Gerusalemme, Hiroshima, Auschwitz, Berlino, Phnom Penh, ecc. Si può parlare di città cancro, di città tenda, di città alveari e di città giardino. Ma si può anche parlare di città chiuse, di città aperte, di città morte e di città vive, di città ombra e di città luce. Esistono città archeologiche e città profetiche, città cimitero e città che nascono. Esistono città della cultura e città dell'incultura. Si può vivere in una città umanizzata e umanizzante, come si può vivere in una città centro di barbarie. Possiamo visitare città inospitali e città cordiali.

La città è molto più di un semplice luogo geografico spazialmente delimitato e architettonicamente definito. È un progetto vitale che fa propri e cerca di risolvere i conflitti politici, economici, ideologici, urbanistici, ecologici, religiosi, storici e culturali. La città significa ben più della sua architettura, del paesaggio e dell'armonia tra costruzioni tecniche e ambiente circostante. È soprattutto il posto dove si vive e si sviluppa il dramma vitale di molte persone e famiglie che costituiscono la comunità cittadina.

Una città che voglia essere originale e fare storia, deve certamente dotarsi di un'etica e di un'estetica, ma deve soprattutto offrire ai propri abitanti una coscienza storica e un destino umano e umanizzante. Le città che non hanno saputo o non hanno potuto trasmettere un progetto vitale autentico si sono ridotte a pura archeologia, a un museo o ricordo più o meno caduco.

Come scrive Hegel nelle sue Lezioni sulla filosofia della storia universale, «nella storia camminiamo tra le rovine dell'egregio. La storia ci sradica da ciò che c'è di più nobile e bello e che ci interessa. Le passioni lo hanno fatto soccombere. Tutto sembra passare e nulla sembra rimanere. Tutto è perituro. Ogni viaggiatore ha sentito questa melanconia. Chi si è trovato tra le rovine di Cartagine, Palmira, Persepolis o Roma, senza lasciarsi invadere da considerazioni sulla caducità degli imperi e degli uomini, nel rimpianto per una vita passata forte e ricca?». Sono tuttavia poche le città che sono state capaci di rendere di nuovo attuale la categoria del ringiovanimento, come propone lo stesso filosofo. Questa realtà è resa possibile solo dalla forza spirituale che le anima. Una di queste città privilegiate è certamente Assisi, grazie alla forza che hanno avuto alcuni suoi figli.

Una delle biografie di Francesco, la Leggenda perugina, ci descrive la relazione intima che esisteva tra il santo umbro e la sua città natale. Alla fine dei suoi giorni, già gravemente malato, egli chiese che lo portassero dal palazzo vescovile, dove aveva trovato rifugio e cure, alla Porziuncola, culla del suo ordine: «Quando i frati che lo portavano si trovarono vicini all'ospedale, Francesco disse loro che poggiassero la barella al suolo, ma girata in modo da avere lo sguardo volto alla città di Assisi. Egli aveva perduto quasi completamente la vista per la lunga e grave malattia sofferta agli occhi. Allora si alzò un po' sulla barella e benedisse Assisi con queste parole: "Signore, credo che questa città sia stata nei tempi antichi rifugio e dimora di uomini iniqui e malvagi, temuti in tutte queste regioni. Ma grazie alla tua immensa misericordia, nel tempo a te gradito, vedo che hai mostrato la sovrabbondanza della tua bontà, cosicché la città si è trasformata in rifugio e dimora di coloro che ti conoscono, glorificano il tuo nome e propagano il profumo di una vita santa, di una buona dottrina e di una buona fama in tutto il popolo cristiano". Parole profetiche, che anticipavano il futuro luminoso di una città disconosciuta».

Assisi è una città antica, descritta dettagliatamente da Arnaldo Fortini, dotata di una struttura architettonica medievale affasci-nante e situata in uno spazio geografico meraviglioso. All'interno della cinta delle sue mura si è sviluppata una storia appassionante di amori e di odi, con le sue vergogne, lotte e generosità. Ma soprattutto essa è la piccola patria che ha visto nascere e svilupparsi la biografia eccezionale di due personaggi, Francesco e Chiara, che hanno fatto storia e sono stati e continuano a essere paradigmi di comportamento per molti uomini e donne, del loro tempo e del nostro, avendo le loro persone e le loro vite incarnato e resa credibile un'utopia che pareva impossibile.

Francesco rappresenta la parola, Chiara il silenzio; Francesco l'azione, Chiara la contemplazione; Francesco si trasforma in messaggio di pace, Chiara in fermento di unità; Francesco è la stessa trasparenza, Chiara la luce. Francesco palesa l'animus creatore, Chiara l'anima feconda; Francesco è il grande specialista di Dio, Chiara la testimone gioiosa dell'«unico necessario». Due personaggi, due vite, due biografie che si sono incontrate in uno stesso destino: quello di rendere dimostrabile l'utopia difficile ma possibile dell'animus e dell'anima, legate insieme dalla forza di Dio e dalla luce del vangelo di Cristo. Francesco e Chiara, figli biologici di una città, diventano padre e madre fecondi di questa stessa città. Tra l'Assisi che precede e quella che segue Francesco e Chiara c'è una grande rottura, una virata storica, che genera un'anima diversa, una nuova soggettività, un nuovo orizzonte spirituale.

Forse proprio in questa città, come in nessun'altra, il destino di un popolo si è identificato con la biografia di uno dei suoi figli. Acutamente Heinrich Böll scrive che forse in nessun'altra parte del mondo, come ad Assisi, «un uomo e un luogo si sono incontrati così intimamente da finire per identificarsi». Per questo la moltitudine di visitatori di Assisi percorre necessariamente i luoghi legati alla biografia di Francesco e di Chiara: San Damiano, Santa Maria degli Angeli, le Carceri, il Sacro Convento, Santa Chiara, ecc. E lasciando la città, tutti possono portare con sé il messaggio del figlio di Pietro Bernardone: pace, fraternità, per-dono, rispetto della natura e di ogni essere, gioia, speranza, voglia di vivere, sentimento che la religione autentica è un modo privilegiato di umanizzazione.

Francesco ha parlato un linguaggio che tutti possono capire: è il linguaggio dei fatti, della sincerità, della trasparenza, del servizio disinteressato e della fiducia nell'altro. Francesco è agli antipodi dei detrattori e dei distruttori dell'umanità. La sua visione dell'uomo e del mondo è radicalmente e appassionatamente positiva. Egli è uno dei rappresentanti più validi dell'affermazione dei valori dell'uomo e della vita. Sta qui la ragione più vigorosa per poter costruire una nuova città. Solo una fiducia incrollabile negli altri rende possibile la convivenza. Io comprendo e giustifico i motivi di André Gluckmann, quando afferma, accomodando Cartesio, che «esistere democraticamente è dubitare gli uni degli altri»; ma ben più mi convince la tesi francescana che si potrebbe riassumere come segue: esistere democraticamente è confidare e sperare gli uni negli altri, vivere gli uni per gli altri. Così si raggiunge la convivenza umana fra tutti gli abitanti di un popolo. Solo un'idea elevata dell'uomo e della vita è in grado di creare eroismi e sacrifici in favore della comunità cittadina. Solo una visione ampia e profonda dell'uomo e della storia rende possibile e forte la vera democrazia. Forse uno dei comportamenti più singolari di Francesco, non abbastanza sottolineato, è la sua capacità di scoprire valori in tutte le persone e la sua capacità di ammirazione.

La grandezza di una personalità, singola o comunitaria, sta nel rapporto diretto all'apertura e al rispetto che ha per l'intera realtà, in ragione inversa agli interessi particolari ed egoistici.

Già Dante, nel secolo XIII, disse di Francesco che con lui «nacque al mondo un sole»; un sole che da allora non ha lasciato di illuminare e di attrarre. In questo nostro secolo il fondatore della fenomenologia dei valori, Max Scheler, scrive dell'Assisiense che fu «uno dei maggiori scultori dell'anima e dello spirito della storia europea», in quanto seppe armonizzare e pacificare in modo singolare l'amore di Dio, l'amore per gli uomini e l'amore per la natura. Francesco rappresenta una affermazione energica della cultura della vita e la contrapposizione più radicale alla cultura della morte e della violenza disumanizzante, in qualunque sua manifestazione.

Grazie allo spirito profondamente umano e universale del Poverello, la sua città natale è uno dei luoghi più visitati e più suggestivi dei nostri giorni. Assisi soggioga e attrae, muove e commuove. Si presenta come un progetto e come un simbolo. E un programma vivo di atteggiamento religioso, di speranza, di pace e di riconciliazione, di fraternità e di rispetto per la natura.

Assisi, città bellicosa in altri tempi, rivale dei popoli vicini, murata e chiusa in se stessa, si è trasformata in città aperta e senza frontiere. Città antica, è diventata città del futuro. Piccola e quasi sperduta nel cuore dell'Italia, è arrivata ad essere uno dei luoghi spiritualmente più spaziosi del mondo intero. E tutto questo grazie alla capacità prodigiosa di un uomo che non è stato né un teologo o un filosofo, né un giurista, né uno psicologo, né un politico, e neppure un uomo importante di Chiesa, ma una persona semplice, un uomo del popolo, profondamente umano, che ha preso sul serio Dio, gli uomini e la natura, e che ha incarnato semplicemente, senza pretese di protagonismo, l'utopia del vangelo di Gesù Cristo.

Tutto questo spiega la grande attrattiva spirituale che Assisi ha su credenti e non credenti, giovani e adulti, scienziati e popolani, umanisti, letterati, artisti, difensori dei diritti dell'uomo, della vita e della natura. Verso Assisi si incamminano grandi, medi, piccoli, minimi gruppi di persone, e singole persone la visitano abitualmente. Assisi incide sul loro spirito e sulla stessa cittadinanza, come nel caso del poeta svedese Joergensen, che ha voluto cambiare la sua condizione di «pellegrino abituale» in quella di «figlio adottivo». Assisi è storia, fa storia e anticipa la storia. E la causa del fenomeno è che vi è in essa una presenza che parla un linguaggio che tutti gli uomini possono capire e che tutti apprezzano.

La città di Francesco e di Chiara ha il raro privilegio di trasmettere pace, speranza, serenità, silenzio, gioia e voglia di vivere a chiunque la visiti. È una delle poche città che non solo affascina il visitatore, ma è capace di umanizzarlo. Generalmente il pellegrino che arriva ad Assisi non è più lo stesso di prima quando lascia la città, poiché il recinto assisiense è dotato del dono eccezionale di cambiare in meglio, almeno nelle intenzioni, coloro che in qualche modo ne vivono.

Da molto tempo la città umbra è stata un intenso centro di spiritualità, di convivenza, di riflessione e di incontri spirituali molteplici. Ma ultimamente ha avuto un potenziamento enorme. Non è il caso, qui, di fare il racconto o l'inventario delle sue manifestazioni ed espressioni di dinamismo e creatività.

Se «ogni fatto è già una teoria», per dirla con Goethe, si dovrà concludere che i fatti offerti dalla città di Assisi costituiscono una teoria comprovata, una visione e un'interpretazione della vita umana e del modo di abitare nel mondo. Questa città, in altri tempi chiusa nelle sue mura e guerriera, ha spalancato le sue porte e ha allargato le sue braccia a tutte le altre città del mondo, per portare un messaggio di fraternità. E questo grazie all'esperienza di uno dei suoi figli, che ha incarnato la rara virtù chiamata magnanimità.

Assisi, più che una città, è un continente; più che un comune, è un mondo; più che un popolo, è un movimento spirituale. È una città che ci proietta nella trascendenza, ricordandoci che «non abbiamo qui la nostra città permanente, ma siamo protesi verso quella futura». Appunto l'amore, la speranza e la fede, nella città futura sono la presenza e la garanzia di un amore e di un impegno sinceri per la città presente e temporale.

Se le città antiche erano circondate di mura per difendersi dai nemici esterni, le città moderne devono aprirsi all'esterno e ampliare i propri orizzonti e allargare le loro braccia, simboleggiate in programmi, piani e progetti di sviluppo non solo materiali ma anche culturali e spirituali. La città-messaggio, umanizzata e umanizzante, deve avere il coraggio di creare progetti audaci di convivenza, armonia, promozione umana, giustizia e pace, non solo per i propri abitanti ma per tutti coloro che la visitano.

La vera pace si può costruire in modo profondo e duraturo solo andando alle radici, con sincerità e volontà di servizio. E queste radici sono Dio quale creatore della vita, la vita come grande dono e orizzonte delle possibilità umane, l'uomo come

Come esiste un Volksgeist, o spirito del popolo, così esiste uno Stadtsgeist, o spirito della città. Ogni città ha bisogno di incontrarsi con la propria anima vitale, che costituisce la sintesi dialettica dei fattori complessi che la compongono, delle funzioni spesso conflittuali che la condizionano. Una città che rispetti i diritti umani e promuova nei suoi cittadini la partecipazione, la libertà, la giustizia, la bontà, la fantasia, il rispetto e la giovialità sta certamente costruendo quel mondo pacifico e fraterno di cui abbiamo tanto bisogno.

La città ha indubbiamente un volto geografico, ecologico ed estetico, ma ha pure un volto metafisico, antropologico e spirituale. È certamente necessaria un'architettura razionale ed esteticamente concepita della città, che si accompagni a un grande rispetto e promozione dello stesso ambiente. Ma il valore e la missione di una città risiedono fondamentalmente nella capacità che essa ha di umanizzare il cuore e lo spirito dei suoi abitanti e di influire positivamente sui suoi visitatori. La città del futuro dovrà creare una nuova alleanza dell'uomo con l'uomo, dell'uomo con la natura, dell'uomo con la tecnica, dell'uomo con la religione.

La pace duratura sarà possibile solo attraverso la forza dello spirito, perché solo lo spirito è immortale. E lo spirito si tiene vivo solo mediante la speranza. Però solo una speranza che dia credito agli altri e non deluda le speranze degli altri potrà costruire una civiltà dal volto veramente umano.

Un grave problema delle città, che tocca tante persone, è la mancanza di alloggi. Ma esiste un problema ancor più profondo e drammatico che raggiunge un numero ancor maggiore di cittadini: ed è il non sapere o non poter abitare, perché le condizioni psicologiche, umane e ambientali non favoriscono o non permettono nei centri urbani le istanze di vera umanità.

Se il simbolo «fa pensare», come scrive P. Ricoeur, la città-simbolo che è Assisi non solo fa pensare, ma invita e sospinge le altre città a operare per una programmazione razionale e umanizzata che crei le condizioni di possibilità perché i loro stessi abitanti siano cittadini-fratelli e collaborino con le altre città alla costruzione di un mondo più accogliente, fraterno e gioioso.

«La città è la gente», diceva Sofocle più di duemila anni fa. E sant'Agostino scriveva che la città non consiste «nelle pietre ma nei cittadini», che inevitabilmente sono fonte di armonia o di disarmonia secondo gli odi o gli amori da cui sono animati. La città dev'essere un cammino che porta ad altro luogo, a una civiltà planetaria, a una «ecumenopoli», secondo l'espressione di Toynbee, o a una «città-mondo», come la chiama Mumford. Sulle basi di Assisi, città-simbolo, si devono ripensare tutte le altre città europee, per costruire un'Europa nuova, ringiovanita attraverso tutte le sue città. E modellando un continente europeo armonioso, in pace e veramente umanizzato si potrà portare anche agli altri continenti il messaggio universale di libertà, di pace, di giustizia e di fraternità. Così renderemo possibile quella città-mondo nella quale tutti ci sentiamo francescanamente accolti, difesi e protetti. Allora cominceremo realmente ad abitare come fratelli e amici, e non come rivali o nemici.

Assisi non può perdere la sua originalità perché essa è differente di tutte le altre città in quanto è stata convertita in simbolo e in categoria universale. Per ciò deve riscoprire e riattualizzare la sua propria "anima", il suo proprio "spirito" e la sua propria "soggettività" che sono le stesse dei suoi figli eccezionali: Francesco e Chiara, i quali di cittadini di questa città si sono trasformati in cittadini universali. Qui risiede il suo destino, la sua storia, la sua vocazione. Così da questa città-simbolo si potrà offrire una cultura e una civiltà della pace e della fratellanza universale affinché la tragica definizione del "homo homini lupus" sia trasformata nella desiderata realtà del "homo homini frater". Di questa maniera le città saranno finalmente le nostre grandi dimore.

Se per il 2000 Roma si prepara a diventare la città universale della cristianità, se Gerusalemme si presenta come la città ecumenica delle grandi religioni, Assisi dovrebbe prepararsi a diventare la città-simbolo della civiltà e la convivialità universale. Che bello sarebbe che in occasione del 2000 Assisi potesse protagonizzare un movimento mondiale per la pace, per i diritti umani e per una pedagogia ecologica, cioè arrivare a unificare i grandi amori di Francesco e di Chiara in favore di Dio, dell'uomo e della natura! Così Assisi potrà essere la portatrice privilegiata di una utopia possibile e di una speranza profondamente umanizzatrice.

Assisi, 24 novembre 1995


José Antonio Merino
Francescano


A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

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