Basilica Papale di San Francesco in Assisi
Frati Minori Conventuali
Novena in preparazione alla festa del Padre Serafico
MISERICORDIOSI COME IL PADRE
I LUOGHI DELLA MISERICORDIA
predicazione di p. Gianni Cappelletto, OFMConv.
Terzo giorno: lunedì 26 settembre 2016
L'Altare
Gesù ha istituito l’Eucaristia «quale memoriale perenne di Lui e della sua Pasqua, ponendo simbolicamente questo atto supremo della Rivelazione alla luce della misericordia. Nello stesso orizzonte della misericordia, Gesù viveva la sua passione e morte, cosciente del grande mistero di amore che si compie sulla croce» (MV 7).
Il pellegrino, invece, sa che il suo cammino di credente trova proprio nell’altare una tappa significativa, anzi fondamentale: dopo aver attraversato la “porta santa” e dopo aver sperimentato – nella zona delle confessioni – la misericordia del Signore come perdono dei peccati, si accosta all’altare per partecipare alla celebrazione eucaristica, «fonte e culmine di tutta la vita cristiana» (Lumen Gentium 11). Per questo motivo, l’altare è sopraelevato in quanto centro verso il quale spontaneamente converge l’attenzione.
Sì, perché l’altare «è il simbolo di Cristo stesso, presente in mezzo all’assemblea dei suoi fedeli sia come vittima offerta per la nostra riconciliazione, sia come alimento celeste che si dona a noi» (Catechismo della Chiesa Cattolica 1383). Questo spiega perché debba essere ben addobbato, perché non debba essere un tavolo su cui si appoggia un po’ di tutto; in particolare, perché venga baciato dal sacerdote e incensato quale segno di rispettosa venerazione.
Sulla sua mensa, infatti, c’è l’essenziale per la vita di ogni cristiano:
- la Parola, proclamata dall’ambone, quale luce che illumina il cammino e quale acqua che fa rifiorire la vita;
- il Pane, forza che sostiene nel cammino e rinvigorisce nei momenti di fatica.
Parola e Pane: due “piatti” dell’unica mensa. «La Chiesa – afferma la costituzione dogmatica Dei Verbum del Concilio Ecumenico Vaticano II – ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso del Signore, non tralasciando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita prendendolo dalla mensa sia della parola di Dio, sia del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli» (n. 21). E noi, fedeli, siamo i beneficiari del dono della Parola e del Pane di vita.
Ad accoglierlo con riconoscenza e con fede ci invita – tra gli altri – il nostro Vescovo, monsignor Domenico Sorrentino: nel “Libro del Sinodo” (“Tu sei la nostra gioia”) che ci ha consegnato a Pentecoste, oltre a richiamare il “primato della Parola di Dio” nella vita di ogni cristiano e di ogni comunità parrocchiale e religiosa (n. 48), esprime il desiderio che le celebrazioni eucaristiche vedano una «piena, consapevole e attiva partecipazione dei fedeli, evitando che essi restino puri ascoltatori e spettatori di un atto che altri (presidente o ministro) svolgono per loro e davanti a loro» (n. 70).
E il Congresso Eucaristico Nazionale che si è concluso a Genova l’altra domenica (18 settembre) ha attirato la nostra attenzione sul fatto che nell’Eucaristia sperimentiamo «la santità misericordiosa di Dio che – nel suo Figlio morto e risorto – viene incontro ad ogni uomo» e che dall’Eucaristia ripartiamo per testimoniare il volto misericordioso del Padre. L’Eucaristia, pertanto, non è una “aggiunta” alle tante cose che facciamo quanto il fondamento stesso della nostra vita, del nostro impegno e della nostra testimonianza nel mondo.
Quando ci accostiamo al banchetto eucaristico – specie domenicale – ci veniamo portando con noi il bagaglio di un vissuto segnato anche dalla fatica oltre che dalla gioia, dalla sofferenza oltre che dalla serenità, dalla violenza oltre che dalla pace, dall’inimicizia oltre che dall’amore. È la “logica del mondo” ben espressa fin da Genesi 3 ove si dice che la donna VIDE che il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male era buono – bello – desiderabile, PRESE con le sue mani tale frutto, lo MANGIÒ e poi ne DIEDE ANCHE al marito cercando così solidarietà nel male. Delle quattro azioni richiamate, quella decisiva è il mangiare: indica appropriazione ma pure sottrazione agli altri, il che richiama la nostra fame di senso e di altre cose, un appetito che ci porta all’ingordigia di chi si appropria e sfrutta, di chi ruba e violenta pur di soddisfare se stesso e al massimo il suo piccolo nucleo familiare o dei “compagni di merenda”.
A contatto con l’Eucaristia – con la Parola e il Pane di vita – veniamo educati ad un’altra logica, quella evangelica per difendere la quale Gesù ha pagato il prezzo della sua stessa vita. Educa il nostro sguardo a VEDERE sì e pure a PRENDERE, ma con equilibrio e rispetto. Insegna a MANGIARE con moderazione per condividere con Lui e con gli altri creando comunione e solidarietà. Siamo nella logica del dono accolto e ridistribuito, del “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente donate”.
Forse non è un caso che proprio sopra e attorno all’altare di questa Basilica Inferiore – cioè attorno al mistero eucaristico celebrato sull’altare – i nostri padri abbiano collocato le cosiddette “vele” dell’obbedienza, della povertà e della castità: sono sì i voti di noi religiosi, ma sono pure una proposta valida per tutti per imparare a mettere ordine nelle relazioni fondamentali:
l’obbedienza è prima di tutto ascolto del Signore e fedeltà al suo Vangelo; esperienza mediata dai confratelli per San Francesco e per noi frati, dai propri familiari per chi vive in una famiglia cristiana … dal senso profondo del “bene comune” per chi opera in politica e nel sociale;
la povertà non è solo “privazione” di qualcosa quanto soprattutto solidarietà e – per San Francesco – restituzione dei beni a chi non ne ha o ne ha meno;
la castità è non solo rinuncia a farci dominare dalle passioni o dai desideri che mi porterebbero a sfruttare l’altra-da-me, la donna (parlo in quanto maschio), è soprattutto investimento della sessualità e dell’affettività in favore della vita mia e degli altri, in un determinato e chiaro progetto di vita o vocazione (alla vita consacrata, al matrimonio o al vivere da single).
Obbedienza, povertà e castità toccano le relazioni sulle quali tutti – e non solo preti, frati e suore – ci giochiamo il senso dell’esistenza: a noi decidere quale “stile di vita” assumere:
- se vogliamo diventare “cacciatori” di Dio – degli altri – delle cose … ma cacciatori che usano violenza e sopraffazione, che rubano e si appropriano con quell’ingordigia che non dice mai “basta” … allora gireremo attorno all’altare da turisti, e anche infastiditi …
- se desideriamo, invece, diventare “pastori” che, in amicizia con Gesù – buon pastore – danno la vita perché altri abbiano vita, sanno usare con saggezza e parsimonia dei beni della terra, imparano a relazionarsi con rispetto e benevolenza verso gli altri … allora sosteremo ai piedi dell’altare in contemplazione e in preghiera silenziosa: è in gioco la nostra esistenza di cristiani!
L’Eucaristia è il momento in cui – entrando in comunione con il nostro Signore ascoltandone la Parola e cibandoci del suo Corpo – impariamo a mettere ordine in queste relazioni per testimoniare – usciti dalla “porta santa” – che è possibile ed è bello vivere secondo la logica evangelica, la logica eucaristica.
Certo: c’è un prezzo da pagare, a volte anche molto alto, per viversi in ordine e costruire relazioni che ci umanizzano e che aiutano gli altri a fare altrettanto.
Non è semplice, per esempio, abbassare la nostra superbia che ci fa credere di essere “dio in terra” e pertanto ci porta a non ascoltare il Signore e gli altri, ma ad agire secondo quel che piace a noi, disobbedendo non solo ai comandamenti di Dio ma pure alle minimali regole della convivenza civile.
Non è agevole, poi, mettere un freno alla nostra avarizia che ci induce a tenere ogni cosa solo per noi, o l’invidia con cui demoliamo quanto appartiene agli altri, mancando così di solidarietà con i più poveri e di responsabilità verso il bene comune.
Non ci è naturale, infine, tenere sotto controllo gli istinti erotico-sessuali che ci indurrebbero a sfruttare egoisticamente corpo e sentimenti degli altri, sfigurando così in noi e in loro il nostro essere immagine somigliantissima di Dio.
Anche per affrontare con coraggio e costanza queste stonature – vere tentazioni di sbagliare strada nel realizzarci come persone e come credenti – ci viene incontro l’esperienza che viviamo attorno all’altare ove si celebra il “sacrificio eucaristico” che ci educa un po’ alla volta alla “logica pasquale” del chicco di grano che dà la vita solo quando sa morire.
L’aveva ben compreso quell’Autore che – ispirandosi a san Francesco – conclude la sua “preghiera semplice” con queste parole:
Sì, così è: dando, che si riceve;
perdonando, che si è perdonati;
morendo, che si risorge a vita eterna.
Preghiera di Papa Francesco
per il Giubileo della Misericordia
Signore Gesù Cristo,
tu ci hai insegnato a essere misericordiosi come il Padre celeste,
e ci hai detto che chi vede te vede Lui.
Mostraci il tuo volto e saremo salvi.
Il tuo sguardo pieno di amore liberò Zaccheo e Matteo dalla schiavitù del denaro;
l’adultera e la Maddalena dal porre la felicità solo in una creatura;
fece piangere Pietro dopo il tradimento, e assicurò il Paradiso al ladrone pentito.
Fa’ che ognuno di noi ascolti come rivolta a sé la parola che dicesti alla samaritana:
Se tu conoscessi il dono di Dio!
Tu sei il volto visibile del Padre invisibile,
del Dio che manifesta la sua onnipotenza
soprattutto con il perdono e la misericordia:
fa’ che la Chiesa sia nel mondo il volto visibile di Te,
suo Signore, risorto e nella gloria.
Hai voluto che i tuoi ministri fossero anch’essi rivestiti di debolezza
per sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore:
fa’ che chiunque si accosti a uno di loro si senta atteso, amato e perdonato da Dio.
Manda il tuo Spirito e consacraci tutti con la sua unzione
perché il Giubileo della Misericordia sia un anno di grazia del Signore
e la tua Chiesa con rinnovato entusiasmo
possa portare ai poveri il lieto messaggio
proclamare ai prigionieri e agli oppressi la libertà
e ai ciechi restituire la vista.
Lo chiediamo per intercessione di Maria Madre della Misericordia
a te che vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo
per tutti i secoli dei secoli. Amen.
* * *
Salve, Sancte Pater, patriae lux, forma Minorum.
Virtutis speculum, recti via, regula morum:
Carnis ab exilio duc nos ad regna polorum.
(Salve, Padre santo, luce della patria, modello per i Frati Minori. Specchio di virtù, via verso ciò che è retto, regola di vita. Dall'esilio della carne, conducici al regno dei cieli).
Dio onnipotente
tu hai chiamato Francesco nella via povera e umile
a rassomiglianza di Gesù crocifisso:
concedi a noi di seguire il suo esempio
nella libertà dei figli di Dio
nella gioia dei cuori semplici
nello stupore per le tue creature.
Per Cristo nostro Signore.
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.
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