mercoledì 28 settembre 2016

Quinto giorno della "Novena di san Francesco 2016" nella Basilica di Assisi: I volti della misericordia: Maria, Madre di Misericordia

Basilica Papale di San Francesco in Assisi
Frati Minori Conventuali

Novena in preparazione alla festa del Padre Serafico

MISERICORDIOSI COME IL PADRE
I VOLTI DELLA MISERICORDIA

predicazione di p. Gianni Cappelletto, OFMConv.

Quinto giorno: mercoledì 28 settembre 2016

Maria, Madre di Misericordia

«La dolcezza del suo sguardo ci accompagni in questo Anno Santo, perché tutti possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio. Nessuno come Maria ha conosciuto la profondità del mistero di Dio fatto uomo. Tutto nella sua vita è stato plasmato dalla presenza della misericordia fatta carne. La Madre del Crocifisso Risorto è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore» (MV 24).    
«La Madre del Crocifisso Risorto è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore»: con queste parole papa Francesco inizia a parlare – nella bolla di indizione del Giubileo (n. 24) – della Vergine Maria come “Madre della Misericordia”, cioè come Madre di Gesù, il Figlio di Dio che ha incarnato il volto di misericordia del Padre. 

Ma prima di diventare Madre, la Vergine di Nazaret ha sperimentato di essere “Figlia” della misericordia divina. Lo afferma Lei stessa nel suo Cantico, il Magnificat, ove riconosce che il Signore «ha guardato all’umiltà della sua serva». Maria ha percepito questo sguardo di misericordia in particolare quando l’Angelo le ha chiesto – a nome di Dio – se accettava di diventare Madre del Figlio dell’Altissimo secondo le modalità scelte dal suo Creatore, cioè rimanendo vergine. Se – come afferma papa Francesco – misericordia è la “responsabilità di Dio” che si prende cura e desidera il bene di ogni persona, allora possiamo legittimamente affermare che proprio nell’annunciazione la Vergine Maria abbia sperimentato la delicatezza e la tenerezza di Dio nei suoi confronti: si sta prendendo cura di Lei, giovane donna di un paese ritenuto allora insignificante, con la proposta di una maternità che solo Lui – Dio – poteva realizzare in quel modo. 
Lo sguardo dell’Eterno è stato così profondo e affascinante che non solo ha suscitato il sì di Maria, ma ha anche reso questa sua “umile serva” capace di guardare a se stessa e alla storia umana in modo completamente nuovo perché avvolta dal manto della misericordia del suo Signore. Una storia – come canta Maria nel Magnificat – che non è nelle mani dei prepotenti di turno ma di quell’Onnipotente che si prende cura degli umile e degli affamati – cioè di ogni persona nel bisogno fisico e spirituale – concedendo anche a loro l’opportunità di vivere in modo dignitoso: “rovesciare i potenti dai troni e innalzare gli umili” non va inteso – a parere mio – in senso marxista di una classe (gli umili) che per vivere ha bisogno di eliminare chi la sta sfruttando (i potenti), ma nel senso che Dio si impegna – nelle modalità e nei tempi che appartengono al suo “disegno di salvezza” – a garantire pari opportunità a tutti, essendo tutti figli suoi amati e perciò cercati con la costanza del pastore che rintraccia la pecorella smarrita o della donna che spazza la casa per ritrovare la moneta che ha perso (cf. Lc 15,1-10). Tutto questo per estendere la sua misericordia come responsabilità da Abramo e la sua discendenza a tutte le generazioni di coloro che lo temono, che cioè si affidano alla sua bontà.  

Maestri romani, Storie del Nuovo Testamento
Le nozze di Cana 
(1288-1290 ca)
Assisi, Basilica di S. Francesco, chiesa superiore, navata
Se siamo convinti che questa è l’esperienza base che qualifica il cammino spirituale della Vergine Maria, comprendiamo perché da Madre della Misericordia diventi Madre di misericordia. Questo passaggio, la Madre di Gesù l’ha vissuto in modo particolare a Cana ove pure Lei ha incarnato la misericordia come “responsabilità che si prende cura” di una situazione quasi disperata: «Non hanno più vino!» (cf. Gv 2,1-12). In quell’occasione la responsabilità (o misericordia) di Maria si è espressa  
  • come attenzione verso chi ha perso la gioia del vangelo e il gusto di vivere simboleggiati nella mancanza di vino;
  • come intercessione che porta i bisogni a chi sa può far qualcosa, suo figlio Gesù;
  • come coraggio di far uscire quest’ultimo allo scoperto, dicendo ai servi: «Quello che vi dirà, fatelo» … perché qualcosa vi dirà di certo: ne sono convinta perché sono sua madre!  
È fidandoci della misericordia o responsabilità che Maria ha nei nostri confronti come “figli suoi nel Figlio suo” che la invochiamo con il canto del “Salve Regina, Madre di misericordia”: ci rivolgiamo a Lei «perché rivolga a noi quegli occhi suoi misericordiosi» con le parole del beato Ermanno di Reichenau, monaco tedesco dell’XI secolo che, colpito da grave malattia che gli impediva di muoversi, guardava alla Madonna come «vita dolcezza e speranza nostra».

Cimabue, Madonna col Bambino, angeli e san Francesco (1277-1280?)
Assisi, Basilica di S. Francesco, chiesa inferiore, transetto settentrionale
Possiamo supporre che anche san Francesco abbia guardato alla Vergine Maria in questo modo, dal momento che l’ha invocata e cantata con straordinario affetto e che ha scelto di vivere per anni accanto ad una chiesetta a lei dedicata – Santa Maria degli Angeli – per la quale ottenne – secondo la tradizione già nel 1216, quindi 800 anni fa – la grazia detta del “Perdono d’Assisi”. E San Bonaventura tra i miracoli operati da Francesco ormai santo, narra quello di una donna abitante nella zona di Arezzo che – in punto di morte mentre stava partorendo – invocò l’aiuto del Poverello di Assisi che poi - in sogno - «le parlava dolcemente e le chiedeva se riconoscesse il suo volto e se sapesse recitare in onore della Vergine gloriosa l’antifona “Salve, regina di misericordia”. La donna rispose che lo riconosceva e che sapeva quella preghiera. E allora il Santo: “Incomincia la sacra antifona, e prima di terminarla, partorirai felicemente”. Mentre supplicava quegli “occhi misericordiosi” e menzionava il “frutto” del suo seno verginale, la donna, liberata da ogni angoscia, partorì un bel bambino. Rese dunque grazie alla “Regina della misericordia” che, per i meriti del beato Francesco, si era degnata d’aver misericordia di lei» (FF 1298).   

Dono Doni, Madonna della misericordia (1560 ca.)
Assisi, Basilica di S. Francesco, Museo del Tesoro
La pietà popolare successiva a san Francesco si è appassionata talmente a Maria “fonte di misericordia” da immaginarla – e dipingerla – in piedi, con sguardo accogliente e braccia aperte a sostenere il mantello (detto anche “mantello della misericordia”) sotto il quale tutti cercavano rifugio: anziani e giovani, poveri e ricchi, sacerdoti e laici, segno di fratellanza sociale e invocazione di un sostegno per affrontare carestie, pestilenze e la violenza della guerra. Tale icona riecheggia la prima antifona mariana risalente al II° secolo e da noi conosciuta come “Sub tuum praesidium”:
Sotto la tua protezione troviamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o vergine gloriosa e benedetta.  





Sub tuum praesidum
Musica di Marco Frisina

Papa Francesco, in una delle riflessioni proposte ai sacerdoti ai primi di giugno, ha così commentato: «Non abbiate vergogna di aggrapparvi al manto della Madonna: state lì senza fare grandi discorsi e lasciatevi coprire dal suo manto e avvolgere dal suo sguardo» misericordioso. Così imparerete a guardare a voi stessi, agli altri e alla storia umana con il suo sguardo: 
  • sguardo di tenerezza che accoglie, che si fa grembo che custodisce e genera vita … non sguardo di chi giudica e allontana; 
  • sguardo che sa tessere, con il filo sottile dell’umanità che incontra, la vera immagine di Gesù in ogni figlio e figlia sua: con i fili della bontà e con quelli della miseria, tessere in modo tale che le persone si rinnovino recuperando la loro vera immagine, quella del oro Creatore e salvatore;  
  • sguardo che, accogliendo, sa suscitare fiducia e speranza con una parola che non umilia ma che sostiene e incoraggia … e con gesti di amicizia, di ospitalità e di solidarietà.
Pietro Lorenzetti, Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e Francesco (1315 ca)
Assisi, Basilica di S. Francesco, chiesa inferiore, cappella di S. Giovanni Battista
Soprattutto noi Religiosi siamo chiamati a far nostro tale “sguardo di misericordia” che ha caratterizzato la vita della Vergine Maria. Sapremo così testimoniare che la nostra scelta di “fare tutto quello che il Signore ci dirà” è il fondamento e il senso del nostro essere cristiani Consacrati. In proposito, papa Francesco chiudendo l’Anno della Vita Consacrata, il 2 febbraio scorso, ci ha chiesto di essere testimoni della “cultura dell’incontro”:  
I consacrati e le consacrate sono chiamati innanzitutto ad essere uomini e donne dell’incontro. La vocazione, infatti, non prende le mosse da un nostro progetto pensato “a tavolino”, ma da una grazia del Signore che ci raggiunge, attraverso un incontro che cambia la vita. Chi incontra davvero Gesù non può rimanere uguale a prima. Egli è la novità che fa nuove tutte le cose. Chi vive questo incontro diventa testimone e rende possibile l’incontro per gli altri; e si fa anche promotore della cultura dell’incontro, evitando l’autoreferenzialità che ci fa rimanere chiusi in noi stessi.   
In quella stessa occasione, è stata rivolta una letteraai consacrati e alle consacrate sparsi tra le genti” in cui si parla di «mistica degli occhi aperti»:  

  • è abitare la storia umana come delle sentinelle che pongono attenzione ai bisogni reali della gente; 
  • è essere capaci di vedere nell’altro il volto di Gesù Cristo che ha detto: ‘Quello che avete fatto all’altro, lo avete fatto a me’; 
  • è maturare la fiducia che Dio stia tenendo in mano anche questo tempo storico e in esso testimoniare il suo stile di misericordia.

Maria: «recipiente e fonte di Misericordia» l’ha definita papa Francesco. A lei ci rivolgiamo fiduciosi con il canto del “Salve, Regina” perché ogni giorno ci mostri e ci faccia incontrare il suo Figlio Gesù, volto della Misericordia del Padre, e ci dia la grazia di testimoniarla con il nostro stile di vita consacrata:


Salve, Regina, Mater misericordiae,
vita, dulcedo, et spes nostra, salve.
Ad te clamamus, exsules filii Evae,
ad te suspiramus, gementes et flentes 
in hac lacrimarum valle. 
Eia ergo, advocata nostra, illos tuos 
misericordes oculos ad nos converte. 
Et Jesum, benedictum fructum ventris tui, 
nobis, post hoc exilium, ostende. 
O clemens, O pia, O dulcis Virgo Maria.

(Salve, Regina, Madre di misericordia; vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A Te ricorriamo, noi esuli figli di Eva; a Te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lacrime. Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi. E mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del Tuo seno. O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria!)

* * *


Salve, Sancte Pater, patriae lux, forma Minorum. 
Virtutis speculum, recti via, regula morum: 
Carnis ab exilio duc nos ad regna polorum. 

(Salve, Padre santo, luce della patria, modello per i Frati Minori. Specchio di virtù, via verso ciò che è retto, regola di vita. Dall'esilio della carne, conducici al regno dei cieli).

Dio onnipotente 
tu hai chiamato Francesco nella via povera e umile 
a rassomiglianza di Gesù crocifisso: 
concedi a noi di seguire il suo esempio 
nella libertà dei figli di Dio 
nella gioia dei cuori semplici 
nello stupore per le tue creature. 
Per Cristo nostro Signore. 

A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

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